Campania
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Tappa a Gricignano di Aversa, in provincia di Caserta, dove la campagna nazionale di Legambiente “I cantieri della transizione ecologica” scopre insieme al consorzio Corepla il modello industriale SRI - Sorting Recycling Industries, specializzato nella selezione e nel riciclo di rifiuti di imballaggio. La struttura di SRI si articola in tre divisioni principali. SRI Sorting gestisce tre impianti per la selezione e la valorizzazione di imballaggi provenienti dalla raccolta differenziata (tra cui plastica, alluminio, acciaio, carta, cartone e vetro) che, combinando tecnologie di selezione automatica e manuale, possono trattare oltre 180.000 tonnellate di materiali all’anno. SRI Recycling dispone di un impianto di riciclo con una capacità di valorizzazione di 3.700 kg/h di materia prima, equivalente a oltre 27.000 tonnellate annue di bottiglie in plastica PET post-consumo. Questo impianto produce scaglie di Pet riciclato di alta qualità, (denominate rPet) utilizzate in varie applicazioni industriali, inclusa la produzione di nuove bottiglie grazie a un impianto di decontaminazione autorizzato Efsa (European Food Safety Authority). SRI Logistics, infine, offre servizi di stoccaggio e trattamento dei rifiuti in R13, preparando i materiali per il recupero e il riciclaggio finale. Questa divisione gestisce l’intero processo logistico: dalla movimentazione alla pressatura, dall’etichettatura al controllo qualità.Con una superficie coperta di 14.000 mq e una capacità di stoccaggio istantanea di 10.000 tonnellate, SRI si posiziona tra i principali operatori italiani nel recupero di materia e tra i principali produttori europei di rPET. Attraverso l’adozione di tecnologie innovative e una governance imprenditoriale che mette al centro di ogni suo processo le persone, SRI integra in modo coerente i principi Esg (Environmental, Social and Corporate governance) nel suo modello di business, riducendo l’uso di risorse e mettendo in circolo materia nuova.
Il percorso con Corepla
SRI - Sorting Recycling fa parte della filiera Corepla, il Consorzio nazionale per la raccolta, il riciclo e il recupero degli imballaggi in plastica che opera all’interno del sistema Conai (Consorzio nazionale imballaggi). Oggi Corepla è composta da circa 2.500 imprese e in questi anni ha contribuito alla crescita della raccolta degli imballaggi in plastica in Italia, arrivata a quasi 1.500.000 tonnellate.In questo percorso una decisiva spinta in avanti arriva proprio dalla regione Campania dove, nel 2023, la raccolta ha raggiunto 141.938 tonnellate di imballaggi in plastica, pari a 25,4 kg pro capite per ogni cittadino campano. Leggi il comunicato stampaAbruzzo
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Tappa a Pollutri, in provincia di Chieti, per la campagna nazionale di Legambiente “I cantieri della transizione ecologica” dove insieme a INWIT vengono presentati i risultati delle attività di monitoraggio anti-incendio e della qualità dell’aria nelle aree protette effettuate in Abruzzo con l’uso di tecnologie innovative. Nel luglio 2023 INWIT, digital infrastructure company italiana, e Legambiente hanno lanciato in questa regione - che ha la percentuale più alta di territori protetti e con il Parco nazionale più antico della Penisola con oltre cento anni di storia - un progetto per il monitoraggio della qualità dell’aria con un focus su determinati parametri ambientali tra i quali biossido di azoto, biossido di zolfo, ozono e polveri sottili. Nel luglio 2024 il progetto è stato poi esteso alla prevenzione degli incendi boschivi. Nell’ambito dei due progetti INWIT schiera sensori IoT, videocamere smart dotate di intelligenza artificiale (AI) e gateway, installati nelle sue torri di telecomunicazioni: infrastrutture digitali e condivise collocate in punti strategici che, in quanto tali, si prestano come delle vere e proprie sentinelle dei territori. Il progetto sulla qualità dell’aria coinvolge 6 comuni di 4 aree naturali dell’Appennino centrale: Parco Nazionale Abruzzo, Lazio e Molise, Parco Nazionale della Maiella, Riserva Naturale Zompo lo Schioppo e Riserva Naturale Monte Genzana Alto Gizio. Il progetto sugli incendi boschivi coinvolge invece Pescasseroli (AQ), sede del Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, Pettorano sul Gizio (AQ), nella Riserva Naturale Regionale Monte Genzana Alto Gizio, la Riserva Naturale Regionale Lecceta di Torino di Sangro (CH), la Riserva Naturale Bosco Don Venanzio a Pollutri (CH) e il Comune di Civitella Roveto (AQ) per monitorare l’area della Longagna. In quest’area su 5 torri di INWIT sono stati installati 5 gateway e 9 telecamere smart integrate con un software di AI in grado di rilevare tempestivamente gli incendi. Il raggio di osservazione delle telecamere è mediamente di 2 km intorno al punto di localizzazione, ma in determinati casi è possibile arrivare fino a 5 km, per un’area massima coperta di circa 80 km quadrati. Le apparecchiature possono funzionare anche in condizioni ambientali difficili e, grazie sempre all’AI, di distinguere il fumo dei camini da quello degli incendi. Nel periodo autunnale i sensori installati hanno segnalato 15 alert incendi di cui 9 nella riserva regionale Lecceta di Torino di Sangro e 6 nella riserva regionale Bosco di Don Venanzio (nel mese di settembre). I monitoraggi, i cui dati sono stati elaborati insieme all’Università del Molise e che sono relativi al periodo da maggio a ottobre 2024, rilevano una buona qualità dell’aria nelle zone attenzionate, anche se non mancano gli osservati speciali che hanno mostrato alcune criticità e su cui non bisogna abbassare la guardia con Civitella Roveto, Vasto e Roccaraso dove la media di periodo rivelata per il PM10 vede la concentrazione più alta da maggio a ottobre e diverse giornate di sforamento. Alla luce di questi dati sulla qualità aria nelle aree protette, sarà importante osservare gli impatti che l’inquinamento ha sulla biodiversità. Puntando sull’alleanza strategica tra queste infrastrutture, l’AI e la conoscenza dei territori, il sistema di monitoraggio pensato da INWIT sta garantendo un importante supporto a forze dell’ordine, vigili del fuoco e protezione civile impegnati ogni giorno da una parte nel monitoraggio costante dello stato di salute di ambiente, biodiversità e qualità dell’aria e, dall’altra, nel contrastare gli incendi boschivi e prevenire possibili nuovi reati. Ma non solo. Tutti i dati e parametri ambientali registrati vengono infatti messi a disposizione da INWIT alle aree protette nazionali e regionali coinvolte nel progetto. L’obiettivo è misurare tendenze e variazioni e valutare, in questo modo, gli effetti che questi parametri possono avere sulla conservazione della biodiversità nelle aree interessate, sempre più influenzata dai cambiamenti climatici. Leggi il comunicato stampa
Piemonte
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Tappa a Calliano, in provincia di Asti, per la campagna nazionale di Legambiente “I cantieri della transizione ecologica”, alla scoperta di un innovativo impianto per la realizzazione di cartongesso, all’avanguardia sul piano tecnologico e sostenibile dal punto di vista ambientale. L’impianto di Calliano, il primo avviato da Fassa Bortolo per la realizzazione di cartongesso, è stato inaugurato nel 2010. Il sito è stato progettato nel rispetto degli equilibri geomorfologici, idrogeologici e paesaggistici del territorio. Per minimizzare l’impatto negativo delle attività di estrazione del gesso, Fassa Bortolo punta da sempre a una gestione responsabile delle risorse naturali a cui deve attingere, riducendo l’utilizzo di acqua ed energia, limitando le emissioni inquinanti e ottimizzando ogni consumo. In quest’ottica, la specificità dell’impianto di Calliano è che essendo limitrofo a una cava il gesso estratto arriva direttamente in produzione, riducendo così al minimo la fase di trasporto e minimizzando le emissioni di CO2 ad essa connesse. Particolare attenzione è stata prestata anche al percorso dei camion, studiato per non creare disagi al traffico di zona. Nello stabilimento vengono prodotte lastre di cartongesso di ottima qualità e certificate al 5% minimo di materiale riciclato e sottoprodotto proveniente da altre lavorazioni (Certificazione del contenuto di riciclato n° P243 ICMQ). L’impianto è inoltre autorizzato alla raccolta degli scarti di gesso provenienti dai cantieri che possono essere reimmessi nel ciclo di produzione oppure rielaborati per produrre sottoprodotti da utilizzare in differenti filiere. Nel 2021 al suo interno è stato installato un cogeneratore che produce energia elettrica e calore. Nel ciclo produttivo viene recuperata una certa quantità di acqua utilizzata nelle varie attività. Per la maggior parte si tratta di acqua di condensa dell’essiccatore del gesso, che non viene emessa in atmosfera sotto forma di vapore acqueo ma condensata e convogliata in un silo da 500 litri. Infine, viene recuperata anche una parte dell’acqua utilizzata per il lavaggio della linea durante le manutenzioni.
La tecnica estrattiva
È il 1993 quando Fassa Bortolo avvia la coltivazione della prima cava di gesso in sotterraneo in questo territorio, a Moncalvo. Da allora l’azienda ha sviluppato e reso sempre più efficiente questa tecnica che permette di arrivare alla parte migliore del giacimento favorendo l’estrazione del minerale di gesso non inquinato da argille, marne o gesso alterato, come spesso avviene invece con le coltivazioni a cielo aperto. Per coltivare il gesso in sotterraneo viene impiegato principalmente il metodo per camere e diaframmi, che consiste nella realizzazione di vuoti intervallati da diaframmi di roccia, ottenuti utilizzando frese elettroidrauliche (roadheader), invece del tradizionale metodo “drill and blasting” (esplosivo). Questa tipologia di coltivazione permette da un lato un limitato sfruttamento del giacimento, dall’altro di mantenere un elevato grado di stabilità a fine coltivazione e agevolare le operazioni di aspirazione delle polveri durante l’attività estrattiva, garantendo così la salubrità dell’ambiente per i lavoratori. Questa tipologia di coltivazione permette da un lato un limitato sfruttamento del giacimento, dall’altro di mantenere un elevato grado di stabilità a fine coltivazione e agevolare le operazioni di aspirazione delle polveri durante l’attività estrattiva, garantendo così la salubrità dell’ambiente per i lavoratori.Fassa Bortolo
Con alle spalle oltre trecento anni di storia, Fassa Bortolo è oggi leader in Italia e a livello internazionale nel campo delle soluzioni innovative per l’edilizia. La sua crescita sostenibile è guidata da tempo dai principi dell’efficienza energetica e della circolarità. L’azienda adotta infatti una serie di pratiche per ottimizzare l’uso delle risorse, eliminare gli sprechi e minimizzare l’emissione di sostante inquinanti. L’attenzione per la qualità delle materie prime utilizzate è massima: il cartone utilizzato è composto al 100% da carta riciclata; gli additivi usati sono rigorosamente non tossici o pericolosi; l’acqua utilizzata in produzione viene recuperata; gli scarti delle lavorazioni sono raccolti e reimmessi nel ciclo produttivo; vengono privilegiati materiali naturali come l’amido di mais, per migliorare l’adesione al gesso. In tutto il processo produttivo le lastre di cartongesso sono sottoposte al controllo di qualità: al termine del ciclo di produzione vengono verificate dal personale del laboratorio e quelle che non rispettano gli standard sono frantumate e reimmesse nel ciclo produttivo evitando sprechi di risorse. Tutte le lastre, così come la maggior parte dei pannelli accoppiati, sono conformi ai CAM (Criteri ambientali minimi per l’affidamento di servizi di progettazione e lavori per la nuova costruzione, ristrutturazione e manutenzione di edifici pubblici), rispettando in particolare il criterio minimo di materia prima riciclata richiesto per i sistemi a secco. Leggi il comunicato stampaVeneto
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Tappa a Fossalta di Portogruaro, in provincia di Venezia, per la campagna nazionale di Legambiente “I cantieri della transizione ecologica”, alla scoperta della centrale a biomassa Zignago Power del Gruppo Zignago.
Zignago Power
Attiva dal 2008, Zignago Power è un impianto di tipo termoelettrico che usa come combustibile biomassa solida legnosa vergine di origine sostenibile. Essendo alimentata a biomassa, la centrale lavora con continuità nel corso del giorno e dell’anno, con una produzione elettrica programmabile a prescindere dalle condizioni metereologiche o dalle stagioni. Zignago Power attualmente rifornisce quasi il 100% dell’elettricità consumata dalla vicina vetreria e copre circa il 38% del fabbisogno di energia elettrica dell’intero gruppo Zignago Vetro. La biomassa usata in questa centrale non può essere impiegata in altre attività “a maggior pregio”. Qui vengono infatti usati e valorizzati come materia prima combustibile dei materiali vergini che, diversamente, verrebbero smaltiti o, peggio ancora, abbandonati o bruciati in spazi aperti: scarti agricoli (ad esempio i residui di potatura), residui derivanti dalla manutenzione forestale (ramaglie) o dalla lavorazione del legno vergine (scarti di segheria derivanti dal taglio del legname di qualità destinato a un utilizzo più “nobile”), ma anche materiale legnoso derivante da fenomeni metereologici avversi come la tempesta Vaia. Inoltre, la biomassa proviene per la maggior parte da una filiera corta interamente tracciata, in quanto i punti di prelievo dei materiali sono situati a poche decine di chilometri di distanza dall’impianto.Zignago Power è qualificata come impianto alimentato a fonti rinnovabili (IAFR), in quanto la biomassa che la alimenta è riconosciuta come fonte energetica rinnovabile ai sensi del D. Lgs. 387/2003. Ciò fa sì che l’azienda possa usufruire di un meccanismo di incentivazione sull’energia prodotta al pari di altre fonti, secondo quanto disposto dalle normative vigenti. Infatti, il bilancio della CO2 della centrale, a partire dall’alimentazione del combustibile, è ritenuto nullo in quanto quella emessa a camino è generata dalla combustione del carbonio organico contenuto nella biomassa e prodotto dalla fotosintesi a partire dalla stessa anidride carbonica assorbita dall’atmosfera durante la vita della pianta. L’impianto opera in assetto cogenerativo. Grazie all’ulteriore recupero di parte dell’energia termica dei fumi di combustione, viene prodotta acqua calda per uso di processo all’interno del sito produttivo stesso e alimenta una rete di teleriscaldamento al servizio di utenze locali pubbliche e private estese al circostante centro abitato. Inoltre, la produzione dell’energia sul luogo del consumo annulla di fatto ogni perdita, offrendo un altro contributo alla minimizzazione degli sprechi.Zignago Vetro
Zignago Vetro fonda i suoi processi produttivi sull’economia circolare. Il 48,6% della materia prima che l’azienda veneta utilizza è infatti rappresentato da vetro riciclato. Gli investimenti in tecnologie pulite hanno permesso a questa realtà di evitare complessivamente l’emissione di 53.259 tonnellate di CO2 (Scope 1 + 2) nel corso del 2023, registrando un -6% rispetto al 2022. Per raggiungere gli obiettivi strategici sfidanti posti da qui al 2030, anno in cui Zignago Vetro punta ad abbattere le emissioni specifiche di anidride carbonica del -29,9% rispetto al 2023, il gruppo si è dotato di un Piano di decarbonizzazione che coinvolge gli stabilimenti vetrari operativi in Italia, Polonia e Francia. Tra i target fissati ci sono la riduzione delle emissioni di gas serra, l’ottimizzazione dell’efficienza energetica e la promozione di pratiche produttive a basse emissioni di carbonio. Lo sviluppo di questo piano si articola in diverse fasi: monitoraggio e analisi delle emissioni GHG, con il calcolo della carbon footprint dell’organizzazione; analisi del contesto e della domanda di mercato, allo scopo di stimare la capacità produttiva necessaria, orientando eventuali interventi di ampliamento, riduzione o riconversione degli impianti e guardando con attenzione a produzioni più sostenibili con maggiore contenuto di riciclato e minore impronta di carbonio. Tra le iniziative chiave da portare avanti c’è l’acquisizione di elettricità da fonti rinnovabili. Che oggi viene già garantita in buona parte proprio dalla centrale Zignago Power. Leggi il comunicato stampaPuglia
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La campagna nazionale di Legambiente “I cantieri della transizione ecologica” fa tappa in Puglia. A Cerignola, in provincia di Foggia, l’associazione scopre il lavoro portato avanti in questo territorio da CIB, il Consorzio Italiano Biogas, per rendere fertili i suoli e valorizzare le risorse agricole, e l’impianto a biometano dell’azienda agricola Arca.
Arca
Nata dalla collaborazione di cinque famiglie di imprenditori con alle spalle una lunga tradizione nel settore agroindustriale, da anni Arca investe nelle tecnologie più avanzate per la produzione di biogas e biometano, favorendo un approccio circolare alla gestione delle risorse agricole. In quest’ottica a Cerignola l’azienda ha realizzato un impianto di digestione anaerobica che trasforma sottoprodotti agricoli come sanse, liquami zootecnici e vinacce in energia rinnovabile. L’impianto è costituito da cinque digestori anaerobici, due primari da 7.200 m3 totali, due secondari di pari dimensioni, e uno di stoccaggio coperto con recupero di biogas da 6.500 m3 per recuperare il gas residuo. In aggiunta sono presenti dei lagunaggi per lo stoccaggio della sansa e silos orizzontali per lo stoccaggio dei prodotti in co-digestione. Il biogas proveniente dai digestori viene purificato da eventuali impurità e poi inviato all’impianto di upgrading che rimuove la CO2 dal biogas grezzo e lo trasforma in biometano. Quest’ultimo, superati tutti i controlli, viene immesso nella rete SNAM. L’impianto produce biometano (500 Smc/ora), energia elettrica e termica, oltre a digestato, un fertilizzante organico di alta qualità utilizzato sui 600 ettari di terreni agricoli gestiti dall’azienda. Un sistema innovativo che permette di ridurre i costi di fertilizzazione, arricchendo al contempo il suolo e garantendogli una fertilità a lungo termine. In un anno di attività l’impianto ha processato circa 60.000 tonnellate di sansa e prodotto 4.800.000 m3 di biometano, l’equivalente del fabbisogno annuale di circa 20.000 famiglie. La tecnologia, la qualità del personale e i sistemi di certificazione di sostenibilità applicati in azienda hanno permesso risultati importanti, sia in termini statistici che di controllo di materiale organico nei processi di trasformazione, e una corretta gestione dei flussi in entrata e uscita, nonché una sostanziale misurazione adeguata dei livelli certificati di sostenibilità ambientale. I due elementi distintivi dell’impianto di Cerignola, che hanno suscitato l’interesse di Legambiente, sono la realizzazione di una filiera corta con un raggio medio di 10 km e il coinvolgimento del produttore del sottoprodotto principale (sansa e foglie di olive) nella valorizzazione economica di questa risorsa. In questo percorso di innovazione Arca ha fatto propri i principi del “Biogasfattobene”, promosso a livello nazionale in questi anni dal Cib come modello integrato in cui convergono la produzione e l’utilizzo di biogas e biometano, la produzione di cibo di qualità e l’adozione di pratiche agricole innovative. Questo ciclo produttivo virtuoso garantisce la resilienza dei terreni, restituendo sostanza organica preziosa che favorisce la rigenerazione naturale delle colture, secondo un processo che consente di mantenere un equilibrio tra produttività economica e tutela dell’ambiente, assicurando la continuità delle risorse agricole per le future generazioni. Con gli investimenti nel biogas Arca sta contribuendo a rafforzare la competitività delle filiere agroalimentari di qualità in Puglia, in particolare quelle legate alla produzione di olio, cereali e leguminose biologiche. E grazie alla produzione di biometano avanzato partecipa attivamente alla transizione energetica del Paese. In Italia, attualmente, si contano oltre 1.700 impianti biogas, con una potenza installata che sfiora 1 GW (fonte: GSE). La produzione di biometano si attesta intorno a 850 milioni di Smc all’anno, destinati quasi interamente al settore dei trasporti. Il Pnrr prevede un significativo incremento, con un obiettivo di almeno 2,3 miliardi di Smc annui entro il 2026. Il Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (Pniec), inoltre, ha fissato per il 2030 un traguardo ancora più ambizioso: 5-6 miliardi di Smc, comprendendo sia la produzione di biometano sia quella di energia da biogas. Leggi il comunicato stampaSicilia
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A2A S.p.A. è una delle principali multiutility italiane che opera in diversi campi, dalla gestione del ciclo integrato dei rifiuti alla produzione di energia, dal ciclo idrico alla mobilità sostenibile. Da sempre il Gruppo produce energia da fonti rinnovabili, prevalentemente grazie all’importante rete di centrali idroelettriche che garantiscono una produzione media annua di circa 4.500 GWh. Un impegno che si traduce in un piano di investimenti ambizioso, che prevede lo stanziamento di 22 miliardi di euro entro il 2035. Di questi, 16 miliardi sono destinati esclusivamente alla transizione energetica, con l'obiettivo di ridurre le emissioni di CO2 del gruppo del 65% rispetto ai livelli del 2017. Oltre alla produzione di energia da fonti rinnovabili come l'eolico e il fotovoltaico, il gruppo è attivo nel settore del ciclo idrico integrato e nella gestione dei rifiuti. A2A gestisce infatti impianti all'avanguardia per il recupero di materia ed energia dai rifiuti, contribuendo a ridurre il ricorso alle discariche e a trasformare gli scarti in nuove risorse. Nel campo della mobilità sostenibile, A2A sta sviluppando una rete capillare di colonnine di ricarica per veicoli elettrici, con l'obiettivo di supportare la transizione verso forme di trasporto più pulite. Nel dicembre 2023, A2A e Legambiente hanno firmato un protocollo d'intesa con l'obiettivo di superare le resistenze locali spesso associate allo sviluppo di nuove infrastrutture energetiche. Il protocollo mira a promuovere un approccio PIMBY (Please In My Backyard), sensibilizzando le comunità locali sui benefici che le infrastrutture sostenibili possono portare, sia in termini di riduzione delle emissioni di CO2 che di creazione di posti di lavoro e sviluppo economico.
L’impianto eolico di Matarocco
Strategicamente situato nei territori dei Comuni di Marsala e Mazara del Vallo, in provincia di Trapani, l'impianto eolico di Matarocco è stato inaugurato ufficialmente il 30 ottobre 2024 anche se è connesso alla rete già dal 17 luglio 2023. Tra i più moderni e performanti del settore, l’impianto ha una capacità installata di 30 MW distribuita su otto turbine di ultima generazione: cinque con una potenza di 3,6 MW e tre turbine da 4 MW. L’energia prodotta dall’impianto viene immessa nella rete elettrica ad alta tensione attraverso la Stazione Elettrica di Terna "Partanna 2", che opera a 220 kV. Questa connessione garantisce che l'energia generata dall'impianto possa essere facilmente distribuita e utilizzata su scala nazionale, contribuendo così al fabbisogno energetico del Paese e riducendo la dipendenza da fonti fossili. La sua ubicazione a un'altitudine che varia tra i 330 e i 360 metri sopra il livello del mare, consente di sfruttare in modo efficiente le correnti eoliche tipiche di quest'area della Sicilia occidentale.L’impianto fotovoltaico di Mazara del Vallo
A pochi chilometri di distanza, su un’area di circa 14,8 ettari all’interno del Comune di Mazara del Vallo, A2A ha inaugurato anche un impianto fotovoltaico. L’impianto è composto da 20.200 moduli da 635 WP per una capacità complessiva di 12,62 MW. Questo impianto condivide con l’impianto eolico di Matarocco una sottostazione comune (Partanna 2) per la trasformazione dell’energia e la successiva immissione nella rete nazionale. L’impianto fotovoltaico di Mazara va ad aggiungersi alla rete degli oltre 100 impianti di A2A sparsi lungo tutta la penisola, che, ogni anno, permettono di evitare l’immissione in atmosfera di oltre 150mila tonnellate di CO2. Entrambi i progetti si inseriscono all’interno di una strategia indirizzata ad un deciso incremento di produzione di energia da fonti rinnovabili. Inoltre, i due impianti possono soddisfare il fabbisogno annuale di energia di oltre 30 mila famiglie (8.300 famiglie l’impianto di Mazara del Vallo e 26.000 quello di Matarocco) ed evitare emissioni per oltre 40 mila tonnellate di CO2, pari a quelle assorbite da 330 mila alberi. Leggi il comunicato stampaLombardia
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Ricrea
RICREA è il consorzio nazionale che assicura il riciclo degli imballaggi in acciaio ed è uno dei 7 consorzi di filiera del Sistema CONAI. Attualmente il consorzio conta 315 aziende consorziate tra produttori e riciclatori.L’Italia si conferma un’eccellenza a livello europeo per la raccolta differenziata degli imballaggi in acciaio, con un tasso di riciclo che supera abbondantemente l’80% fissato per il 2030 dall’Unione Europea. Nel 2023, infatti, sono state avviate al riciclo 428.043 tonnellate di imballaggi in acciaio su 487.548 tonnellate totali immesse al consumo (87,8%).Lo scorso anno la quota pro-capite di imballaggi in acciaio raccolti è stata in media di 4,8 Kg per abitante. In totale sono state raccolte da superficie pubblica e privata 499.063 tonnellate di imballaggi in acciaio (+2% rispetto al 2022). Questo risultato è stato possibile anche grazie all’Accordo Quadro ANCI-CONAI, che, attraverso l’attivazione di convenzioni, promuove la crescita della raccolta differenziata dando il via al percorso virtuoso del riciclo. Oggi sono attive 448 convenzioni per un totale di 5.968 Comuni coinvolti (76% del totale) e 50.212.467 persone servite. La popolazione italiana coperta da convenzione nel 2023 è stata pari all’85%, in linea con quanto fatto già registrare nel 2022.L’acciaio è il materiale più riciclato in Europa: è facile da differenziare e viene riciclato all’infinito senza perdere le proprie intrinseche qualità. Grazie alle 428.043 tonnellate di imballaggi in acciaio avviate al riciclo in Italia nel 2023, sufficienti per realizzare binari ferroviari in grado di collegare Roma a Oslo, si è ottenuto un risparmio di 9.673 TJ di energia primaria e si è evitato sia l’utilizzo di 465.000 tonnellate di materia prima vergine che la dispersione di 786.000 tonnellate di CO2 equivalente.Gruppo Feralpi
Il Gruppo Feralpi nasce nel 1968 a Lonato in provincia di Brescia, con una capacità produttiva di 500 tonnellate all’ora.Il Gruppo è tra i principali produttori siderurgici in Europa, con 7 stabilimenti e 1.927 dipendenti tra Italia, Europa e Nord Africa ed una produzione di 2,4 milioni di tonnellate e ricavi pari a 1.733 milioni di euro, di cui il 61% generati all’estero. Nel corso del 2023, gli investimenti tecnici hanno raggiunto i 169 milioni in particolare, presso lo stabilimento tedesco di Feralpi Stahl a Riesa (Sassonia), si sta realizzando un nuovo laminatoio dove, per la prima volta in Germania, verranno prodotti rotoli del peso fino a 8 tonnellate destinati al mercato dell’edilizia e realizzati attraverso un processo innovativo, completamente elettrificato e a zero emissioni dirette. Sempre in Germania, nel corso del 2023 è stata inaugurato il nuovo parco rottame che ha ottimizzato ed efficientato il processo di trattamento del rottame a vantaggio della produttività e della qualità.In Italia, nel corso del 2024, sarà invece operativo nello stabilimento di Feralpi Siderurgica il nuovo impianto spooler che, producendo rotoli, porterà ad un completamento della gamma offerta ai clienti.Diverse anche le iniziative messe in atto per ridurre l’impatto ambientale: il piano di decarbonizzazione di Feralpi comprende da un lato investimenti significativi nella transizione energetica, come l'elettrificazione, l'efficientamento energetico, la produzione autonoma di energia da fonti rinnovabili e la ricerca su biometano e idrogeno, dall’altro anche una robusta strategia circolare con l’utilizzo di rottame ferroso e polimeri derivanti da flussi di riciclo e il riutilizzo di scarti e sottoprodotti del processo siderurgico.Stabilimento di Feralpi Siderurgica
Produce acciaio da rottame ferroso, di cui fanno parte anche i contenitori in acciaio provenienti dalla raccolta differenziata, e che ha fatto del riciclo, della sostenibilità e dell’efficienza energetica la sua mission. L’impianto punta su una robusta strategia circolare utilizzando rottame ferroso, riutilizzando anche scarti e sottoprodotti del processo siderurgico, impiegando in modo innovativo anche polimeri derivanti da flussi di riciclo ; ed è impegnato nella riduzione dell’impatto ambientale e delle emissioni del processo siderurgico puntando, ad esempio, su elettrificazione con il forno elettrico a induzione, al posto di quello precedente a metano, su efficientamento energetico, produzione autonoma di energia da fonti rinnovabili.In particolare l’acciaio che si lavora in questo stabilimento è costituito per il 98,6% da materiale riciclato. Alta anche l’attenzione alla sostenibilità ambientale dell’intera filiera del processo siderurgico grazie all’utilizzo di tecnologia innovativa. In particolare, spicca la sostituzione del forno a gas metano con nuovi forni a induzione, una tecnologia all'avanguardia basata sull'energia elettrica. Tale innovazione rappresenta una delle più recenti implementazioni nello stabilimento di Lonato del Garda, consentendo l'eliminazione delle fonti fossili attraverso l'elettrificazione di questo specifico processo. Lo stabilimento punta, inoltre, al recupero delle scorie nere e bianche (affidate a ditte esterne che si occupano della loro commercializzazione), recupera il calore rispettivamente dalle acque di raffreddamento e dal forno di fusione delle acciaierie riscaldando gli edifici interni allo stabilimento e, grazie alla collaborazione con l’Amministrazione locale, anche gli edifici pubblici e alcuni privati del territorio comunale. L’impianto inoltre recupera e riutilizza nel ciclo produttivo i refrattari esausti provenienti dalle demolizioni di siviera come parziali sostituti di materia prima.Ed ancora l’impianto recupera polveri e fumi per ridurre la domanda di zinco minerale; recupera metalli non ferrosi come alluminio, ottone e rame dalla selezione del rottame; recupera la scaglia di laminazione che viene avviata al recupero per utilizzo esterno. Il Green Iron è il sottoprodotto proveniente dalla scaglia di laminazione che viene venduta a impianti per la produzione di contrappesi e cemento. Il sito di Lonato di Feralpi Siderurgica ha anche un nuovo impianto di filtrazione dei fanghi, che permette la produzione di un residuo con minor contenuto di umidità e quindi più adatto a un recupero in ambito edile. Per ridurre i prelievi d’acqua, si punta al riutilizzo dell’acqua piovana che avviene su tutte le superfici impermeabilizzate ed è seguita dal trattamento negli impianti di depurazione. Parte delle acque viene successivamente utilizzata nel processo industriale. Leggi il comunicato stampaSicilia
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CoReVe
Il CoReVe è il Consorzio nazionale per la raccolta, il riciclo e il recupero dei rifiuti di imballaggio in vetro prodotti sul territorio nazionale. Il Consorzio, che opera all’interno del sistema CONAI (Consorzio Nazionale Imballaggi), non ha fini di lucro ed è stato istituito dai principali gruppi vetrari italiani nel 1997. Hanno l’obbligo di aderirvi i produttori e gli importatori, sia industriali che commerciali, di imballaggi in vetro e a partire dal 2020 possono aderire, su base volontaria anche i recuperatori ed i riciclatori. Il CoReVe ha come scopo di raccogliere e avviare al riciclo tutti gli imballaggi di vetro immessi al consumo nel nostro paese.Nel 2023 su un totale di 2.642.425 tonnellate di immesso al consumo ben 2.045.768 tonnellate sono state effettivamente riciclate con un tasso di riciclo che si è attestato al 77,4%, raggiungendo e superando per il quinto anno consecutivo il target del 75% fissato dalla europea al 2030.A livello nazionale ad avere le performance migliori è il Nord del Paese, con in testa la Valle d’Aosta, che riesce a raccogliere una media di 62 kg ad abitante; mentre chiudono questa classifica la Campania e la Sicilia che non raggiungono nemmeno i 30 kg raccolti pro capite. Attraverso le convenzioni locali, il consorzio lo scorso anno ha erogato corrispettivi ai Comuni pari a 92 milioni di euro.Grazie a quanto riciclato nel 2023 si sono conseguiti importanti vantaggi ambientali ed economici, basti pensare ai 2,4 milioni di tonnellate di mancate emissioni di CO2, pari a quanto emesso da 1 milione e mezzo di auto euro 5 che percorrono 15.000 km, o ai 414 milioni di m³ di gas risparmiati, pari al consumo annuale domestico di una città di 1.3 milioni di abitanti come Milano oppure alle 3,9 milioni di tonnellate di materie prime risparmiate pari al 2 volte il volume del Colosseo.Sarco S.r.l.
Sarco S.r.l. nasce a Marsala (TP) nel 1990. Specializzata nel trattamento dei rifiuti di vetro e metalli provenienti dalla raccolta differenziata, l’azienda produce materie prime seconde quali rottami di vetro, sabbie di vetro, acciaio e alluminio pronto al forno, con caratteristiche qualitative conformi alle specifiche previste dai Regolamenti Europei 1179/2012 e 333/2011, che riguardano rispettivamente vetro (art. 5) e metalli (art. 6).L’impianto si estende su circa 70mila m2, con una capacità di trattamento rifiuti autorizzata di circa 200 mila tonnellate annue. Nel 2023 dalle 104.350 tonnellate di vetro trattato sono state prodotte 82.152 tonnellate di materia prima seconda.Molto importante l’aspetto energetico, su cui l’azienda ha puntato molto, infatti, tutte le materie prime seconde vengono prodotte utilizzando energia 100% rinnovabile certificata, evitando l’immissione in atmosfera di 635 tonnellate di CO2 eq.Fondamentale anche l’aspetto dell’approvvigionamento, il più possibile locale: oltre il 70% dei fornitori, infatti, sono siciliani delle province di Trapani, Palermo e Agrigento, con ricadute positive sia dal punto di vista ambientale che economico.Sarco S.r.l. oggi ha 39 dipendenti, serve 185 comuni e più di 110 aziende.O-I Glass Inc. - O-I Italy S.p.A
Fondata nel 1903, in Illinois, U.S. come Owens Bottle Machine Company, O-I Glass Inc. è leader mondiale nella produzione di packaging in vetro per l'industria alimentare e delle bevande. Oggi è presente in 19 Paesi con 68 stabilimenti e circa 23.000 dipendenti.O-I Italy S.p.A. è la filiale italiana di O-I Glass, Inc. Ha sede legale ad Origgio (Varese) e 11 stabilimenti produttivi in tutto il Paese: Aprilia (LT), Asti (AT), Bari (BA), Origgio (VA), San Polo di Piave (TV), San Gemini (TR), Marsala (TP), Mezzocorona (TN), Ottaviano-San Domenico (NA), Vetrerie Meridionali (BA), Villotta di Chions (PN). Il ramo italiano ad oggi ha 1.700 dipendenti. Ogni stabilimento distingue la propria produzione per uno specifico colore di vetro, la capacità dei forni fusori, il numero di linee produttive e di macchine formatrici.Per raggiungere l’obiettivo di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra del 25% entro il 2030, O-I ha individuato alcuni pilastri strategici: la ricerca per aumentare il contenuto di vetro riciclato nella composizione delle ricette e per individuare processi di fusione innovativi con ridotti impatti ambientali, l’approvvigionamento energetico da fonti sostenibili e, contestualmente, interventi di efficientamento energetico volti a ridurre i consumi di energia.Tra le eccellenze della galassia O-I non si può non citare lo stabilimento di Marsala (TP), unica fabbrica di vetro sul suolo siciliano, dove ogni anno si fondono oltre 70.000 tonnellate di vetro, per una produzione di circa 160 milioni di bottiglie, con un utilizzo medio di vetro riciclato compreso tra il 75% e oltre il 90%. Uno dei progetti di punta è senza dubbio “Cento per Cento Sicilia”: si tratta di bottiglie composte da una elevata percentuale di vetro riciclato proveniente unicamente dalla Sicilia e che presentano la particolarità di essere molto leggere, garantendo quindi un risparmio energetico anche dal punto di vista della produzione. Inoltre, sempre nello stabilimento siciliano, a seguito dell’ultimo rifacimento forno del 2016, sono state implementate numerose attività volte a rendere lo stabilimento sempre più virtuoso e sostenibile: il riutilizzo di polveri filtro e della sabbia di vetro nel forno, l’uso delle acque reflue depurate comunali per scopi tecnologici, l’implementazione di sistemi di monitoraggio e contenimento delle perdite di aria compressa e di acqua civile e industriale.Donnafugata
Donnafugata è un'azienda vinicola siciliana a conduzione familiare, fondata nel 1983. Oltre alle cantine storiche di Marsala, Donnafugata coltiva vigneti in quattro territori della Sicilia (Contessa Entellina, Pantelleria, Etna e Vittoria), per un totale di 488 ettari, valorizzando le caratteristiche uniche di ogni territorio, realizzando piccole produzioni di pregio con oltre 20 varietà autoctone e internazionali.Oggi l’azienda conta 224 collaboratori (il 43% donne) e lo scorso anno ha prodotto 3,65 milioni di bottiglie.L’azienda aderisce al programma SOStain Sicilia che promuove lo sviluppo etico e sostenibile nel settore vitivinicolo siciliano grazie alle sue pratiche agricole rispettose della biodiversità e dall'impronta ecologica. Dal 2002 Donnafugata ha iniziato ad autoprodurre parte dell’energia di cui necessita con diversi impianti fotovoltaici per un totale di oltre 300 kW.Anche sul fronte degli imballaggi sono stati introdotti dei packaging sempre più sostenibili, dal tappo prodotto riciclando plastica raccolta nelle zone costiere alle bottiglie “Cento per Cento Sicilia” prodotte unicamente sull’isola da vetro riciclato in Sicilia.Da oltre 30 anni Donnafugata sviluppa buone pratiche in campo e in cantina: dalla valorizzazione della biodiversità e delle varietà autoctone ad un sapiente utilizzo delle risorse (energia ed acqua in primis), da un’attenta gestione del vigneto fino alla tutela del paesaggio, anche attraverso un’architettura sostenibile e rispettosa del territorio.>> leggi il comunicato stampaBasilicata
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Della filiera Ecopneus fa parte la T.R.S. Tyres Recycling Sud Srl, un’azienda specializzata nel riciclo di pneumatici fuori uso con sede a Balvano, in provincia di Potenza. Fondata nel 2006, T.R.S. Tyres Recycling Sud Srl ha 33 dipendenti e ogni anno recupera circa 12.000 tonnellate di PFU, di cui il 70% diventa granuli e polverino, mentre il 30% viene avviato nelle filiere di recupero dell’acciaio e del tessile. Come previsto dal D.M. 78 del 31 marzo 2020 (“Regolamento recante disciplina della cessazione della qualifica di rifiuto della gomma vulcanizzata derivante da pneumatici fuori uso, ai sensi dell'articolo 184-ter del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152”), la gomma triturata può essere riutilizzata come Gomma Vulcanizzata Granulare (GVG) per la produzione di pavimentazioni, asfalti e prodotti per l’edilizia.Il riciclo di materia dei PFU viene svolto dalla T.R.S. attraverso una macinazione meccanica a temperatura ambiente che riduce lo pneumatico in frammenti sempre più piccoli, fino ad arrivare alla separazione dei tre materiali che lo compongono: gomma, acciaio e fibra tessile.L’azienda, molto attenta all’innovazione e sempre alla ricerca di nuove soluzioni, ha intrapreso un progetto con la start-up innovativa Rub-Lab che ha portato all’inaugurazione, presso lo stabilimento di Balvano, di un nuovo tratto di asfalto realizzato utilizzando polverino di gomma ricavato da Pneumatici Fuori Uso. Per la sua realizzazione è stato utilizzato uno specifico polverino ingegnerizzato di gomma riciclata che migliora la compatibilità del polverino con il bitume garantendo prestazioni superiori.L’azienda sorge su di un unico lotto con superficie di circa 20.166 m2 così suddivisi:
- 2.300 m2 sono occupate dal capannone esistente;
- 2.880 m2 capannone di nuova costruzione;
- 1.800 m2 tettoia;
- 13.186 m2 tra piazzali per depositi MPS e verde
Lombardia
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Ventunesima tappa della campagna “I Cantieri della Transizione Ecologica” a San Giuliano Milanese, in provincia di Milano, insieme a Conou, il Consorzio Nazionale degli Oli Usati. Se l’Italia è al primo posto in Europa nella gestione degli oli minerali usati, con 183 mila tonnellate di olio esausto raccolto nel 2023 e il 98% avviato a rigenerazione, gran parte del merito va al CONOU, che da 40 anni rappresenta un modello di economia circolare all’avanguardia in campo internazionale. Il Consorzio può contare su una filiera coesa e sostenibile, formata da 59 aziende di raccolta e tre impianti di rigenerazione, che insieme garantiscono la non dispersione nell’ambiente di un rifiuto pericoloso come l’olio minerale esausto.
Mecomer
Tra i concessionari del Conou c’è la Mecomer di San Giuliano Milanese, un’azienda attiva da 36 anni nella gestione di rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi, e che dal 2019 fa parte del gruppo Séché Environnement, attore di riferimento nella gestione dei rifiuti e nei servizi per l’ambiente.Nel 2023 Mecomer, gestendo più di 126.000 tonnellate di rifiuti pericolosi e non pericolosi in ingresso e avviandone a termodistruzione, per successivo recupero energetico, più del 70%, aderisce alla Direttiva 2008/98/CE, che stabilisce l'ordine di priorità delle azioni nei processi di gestione indirizzata alla massimizzazione delle attività di recupero e relegando l’operazione di smaltimento dei rifiuti solo qualora non sia tecnicamente possibile mettere in atto nessuna operazione alternativa.Sul fronte della raccolta di oli usati ha dato il suo contributo al lavoro del CONOU raccogliendo, sempre nel 2023, da piccoli e medi produttori 1.169 tonnellate di olio esausto, a cui si sono aggiunte 500 tonnellate di emulsione.In soli quattro anni ha dato poi avvio a un profondo processo di rinnovamento strutturale e impiantistico, promuovendo un piano di investimenti produttivi per 28 milioni di euro, la cui attuazione ha consentito, insieme alla duplicazione sostanziale delle aree di gestione e trattamento dei rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi, di elevare tutti gli standards qualitativi, di sicurezza e ambientali. Nello specifico Mecomer si è dotata di:- Un nuovo parco serbatoi, a circuito chiuso e inertizzato con azoto, destinato al deposito di rifiuti liquidi pericolosi con una capacità totale di 780 m³ che, sommato a quello preesistente, porta a una capacità totale di deposito di 1.740 m³ di rifiuti liquidi prevalentemente pericolosi;
- Un locale atex compartimentato e dotato di idoneo ed adeguato impianto di aspirazione e trattamento dell’aria;
- Un locale per il trattamento e deposito dei reagenti, anch’esso compartimentato e dotato di apposito impianto di aspirazione e trattamento;
- Tre aree dotate di vasche interrate destinate alla miscelazione di rifiuti solidi e fangosi;
- Due impianti di riduzione volumetrica mediante triturazione di rifiuti pericolosi e non pericolosi;
- Un moderno ed attrezzato laboratorio di analisi chimico fisiche di caratterizzazione dei materiali in ingresso e in uscita.
Lazio
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Tappa a Ceccano, in provincia di Frosinone, per la campagna “I cantieri della transizione ecologica” di Legambiente per l’inaugurazione di INSPIREE, il nuovo impianto di Itelyum Regeneration per il recupero di terre rare da Raee e veicoli elettrici.
Il nuovo corso europeo
La necessità per l’Europa di diversificare le fonti di approvvigionamento di materie fondamentali in più settori ha portato in Italia all’approvazione, da parte del governo, del decreto legge “Materie prime critiche”. Il decreto legge recepisce il regolamento dell’Unione Europea “Critical Raw Materials Act” in base al quale, entro il 2030, l’Ue dovrà ricavare dal riciclo il 25% del proprio fabbisogno annuale di materie prime critiche strategiche per rendersi indipendente dalle importazioni di queste materie tra cui rientrano le terre rare, centrali nel processo di transizione energetica ed ecologica.Il progetto pilota e l’impianto
Per rispondere a questa esigenza Itelyum Regeneration, da sessant’anni specializzata nella rigenerazione degli oli lubrificanti usati, nella purificazione dei flussi chimici e petroliferi e nella gestione responsabile di un’ampia gamma di rifiuti industriali, ha messo in funzione INSPIREE, il primo impianto in Europa per la produzione di ossidi e carbonati di terre rare (neodimio, praseodimio e disprosio) dal riciclo chimico di magneti permanenti esausti, estratti da hard disk e motori elettrici a fine vita.L’impianto è stato realizzato a Ceccano, in provincia di Frosinone, nel sito industriale di Itelyum Regeneration e rappresenta il primo fondamentale ingranaggio del progetto pilota New-RE. Il suo sviluppo avverrà secondo due livelli. Il primo step prevede il disassemblaggio dei magneti, mentre il secondo consiste nel recupero di ossalati di Ree (rare rarth elements) attraverso un processo di idrometallurgia a bassissimo impatto ambientale.L’impianto di smontaggio potrà trattare 1.000 tonnellate all’anno di rotori elettrici. L’impianto idrometallurgico a regime potrà invece trattare 2.000 tonnellate anno di magneti permanenti ottenuti da diverse fonti tra cui anche hard disk, piccoli e grandi motori elettrici.Il recupero di materia
L’impianto INSPIREE consentirà di recuperare circa 500 tonnellate all’anno di ossalati di Ree, una quantità sufficiente al funzionamento di 1 milione di hard disk e lap top, e 10 milioni di magneti permanenti per applicazioni varie nell’automotive elettrico. Ma non solo.Durante le operazioni di smontaggio e trattamento verranno calcolati gli impatti sociali e ambientali del processo e individuati i Kpi (key performance indicator) del programma LIFE della Commissione Europea da raggiungere nel corso del progetto New-RE. Nel mentre i materiali in uscita, dunque ossidi e carbonati di Ree, potranno anche essere commercializzati.Attraverso questo impianto Itelyum Regeneration punta così a consolidare la catena del valore legata al riciclo di terre rare dai magneti permanenti promuovendone la circolarità in Europa. E contribuendo a fare dell’Italia un Paese all’avanguardia anche in questo segmento dell’economia circolare.Il lavoro di squadra
Nella realizzazione dell’impianto INSPIREE e nello sviluppo del progetto New-RE, di cui è capofila, Itelyum può contare sul supporto di una serie di realtà del mondo imprenditoriale e accademico. Grazie alla sua rete internazionale EIT RawMaterials sostiene la diffusione dei risultati del progetto nella sua comunità di ricerca e industriale, costruendo sinergie con stakeholder pubblici e privati e attirando potenziali investitori. Erion, il più importante Sistema italiano di responsabilità estesa del produttore per la gestione di differenti tipologie di rifiuti e la valorizzazione delle materie prime seconde, svilupperà una strategia per aumentare la corretta raccolta dei magneti permanenti. Glob Eco, specializzata nella raccolta e nel trattamento di Raee, veicoli a fine vita e rifiuti speciali, implementerà l’impianto di livello I funzionale al pretrattamento dei magneti permanenti. Infine, l’Università degli Studi dell’Aquila guiderà lo sviluppo, l’ingegnerizzazione e l’up-scaling del processo su scala industriale partendo dai risultati ottenuti nel progetto NEW-Re, e monitorerà e valuterà gli impatti diretti e indiretti dal punto di vista ambientale e socioeconomico.Leggi il comunicato stampaLazio
Solar Farm
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Primo appuntamento di quest’anno è una Solar Farm all’avanguardia, al centro del percorso di sviluppo sostenibile avviato da anni da Aeroporti di Roma. Il progettoL’impianto fotovoltaico autoprodurrà energia elettrica con una capacità di 22MWp. È stato costruito all’interno dello scalo di Fiumicino, lungo il lato est della Pista 3, in prossimità del perimetro del sedime aeroportuale. Ad aggiudicarsi la gara pubblica europea bandita da Aeroporti di Roma per la sua realizzazione è stata Enel X, che ha costruito l’impianto in collaborazione con Circet.La Solar Farm, inaugurata in data odierna, è la più grande in autoconsumo a entrare in funzione in un aeroporto europeo. Installata a terra, verrà connessa alla rete aeroportuale di media tensione fino alla sottostazione elettrica aeroportuale, attraverso un cavidotto di circa 5,2 km. Sarà composta da circa 55.000 moduli fotovoltaici in silicio monocristallino, posati su strutture in acciaio zincato direttamente infisse nel terreno. La produzione annua stimata è di 30.000.000 kWh. Decarbonizzazione e risparmio energeticoL’impianto fotovoltaico rientra in un’articolata strategia di decarbonizzazione avviata da Aeroporti di Roma per ridurre gradualmente le emissioni generate negli aeroporti di Fiumicino, in cui sono transitati, nel 2024, circa 50 milioni di passeggeri, e Ciampino.. L’obiettivo è tagliare già nel 2030 il traguardo Net Zero Carbon, con ben vent’anni di anticipo rispetto al target di settore.In questo percorso la nuova Solar Farm è chiamata a svolgere un ruolo importante. Grazie all’ingente produzione di energia rinnovabile, l’impianto garantirà una riduzione dell’uso di energia da fonti fossili e, ogni anno, l’immissione in atmosfera di oltre 11mila tonnellate di CO2. Tutto ciò contribuirà ad un ulteriore aumento dell’indipendenza energetica degli aeroporti di Fiumicino e Ciampino, offrendo un supporto concreto alla mitigazione del cambiamento climatico.
Piemonte
Recupero e riciclo imballaggi
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Diciottesima tappa della campagna “I Cantieri della Transizione Ecologica” a Roccavione, in provincia di Cuneo, assieme a Comieco, il Consorzio nazionale recupero e riciclo degli imballaggi a base cellulosica. Se l’Italia ha raggiunto e superato in anticipo l’obiettivo europeo di riciclo di carta e cartone dell’85% al 2030, buona parte del merito va riconosciuta al sistema di raccolta differenziata comunale organizzato da Comieco. Il Consorzio oggi ha al suo fianco una rete impiantistica sempre più capillare, oltre 340 impianti di gestione dei rifiuti e ben 57 cartiere che riciclano la carta e il cartone. Cartiera PirinoliTra queste c’è la Cartiera Pirinoli. Nata nel 1872 come impresa a conduzione familiare, a inizio anni Novanta l’azienda è arrivata ad affermarsi tra i principali produttori europei. La successiva crisi economica mondiale l’ha però risucchiata, fino al fallimento nel 2014. Ma Cartiera Pirinoli ha saputo resistere e pochi anni dopo, sotto la regia di Legacoop e con il contributo del Comune di Roccavione e della Regione Piemonte, è nata una cooperativa che grazie alla passione e allo spirito di sacrificio degli ex dipendenti ha permesso il rilancio del sito produttivo.Oggi lo stabilimento produce circa 95.000 tonnellate all’anno di carta dando lavoro a 91 persone: di queste 76 sono soci. La cartiera è specializzata nella produzione di cartoncini patinati e monolucidi per astucci pieghevoli. Il cartoncino patinato, riciclabile al 100%, è ideale per la realizzazione di imballaggi primari. Inoltre protegge il prodotto e può essere personalizzato con messaggi rivolti al consumatore.Il sito produttivo, provvisto di Autorizzazione integrata ambientale (Aia), utilizza per il 100% materie prime fibrose provenienti dalla raccolta differenziata cittadina o da altri processi di riciclo. È dotato di un impianto di cogenerazione ad alto rendimento e basse emissioni di ultima generazione che lo rende completamente autosufficiente sul piano del fabbisogno energetico.Leggi il comunicato stampa
Lazio
Associazione Nazionale fra gli Industriali della Carta, Cartoni e Paste per Carta
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Assocarta, Associazione Nazionale fra gli Industriali della Carta, Cartoni e Paste per Carta, è stata fondata l’11 maggio del 1888 con l’obiettivo di “tutelare l’industria e il commercio cartaceo Made in Italy”. Le aziende associate, dislocate su tutto il territorio italiano e in alcuni distretti cartari, rappresentano oltre l’85% della produzione del settore composto da 119 imprese, 153 stabilimenti e circa 19.000 addetti diretti e altrettanti nell’indotto (dati 2022).La carta italiana è una colonna portante del sistema industriale del riciclo e dell’economia circolare con l’utilizzo del 62% di carta da riciclare nella produzione, che si coniuga con la restante percentuale proveniente da cellulosa rinnovabile e certificata (FSC, PEFC) che garantisce la provenienza da foreste gestite in modo sostenibile. Nell’imballaggio il riciclo è stabilmente oltre l’85%, oltre l’obiettivo del 75% al 2025, previsto dalla normativa comunitaria.La sfida della decarbonizzazione è al centro degli investimenti delle cartiere che ad oggi sono principalmente alimentate da gas naturale con il quale si ottiene energia elettrica e calore mediante auto-produzione in cogenerazione, ma il settore sta lavorando ad altre soluzioni energetiche come biometano, bioliquidi, biomasse, residui di produzione e idrogeno.L’industria cartaria è un settore chiave della bio-economia circolare che ha investito nel riciclo e nella sostenibilità delle materie prime. Un ruolo confermato da un Indicatore di Circolarità di Materia (MCI) pari a 0,78 in una scala da 0 a 1, un indicatore sintetico, certificato da Ellen MacArthur Foundation con il supporto dell’Unione Europea, che misura la dimensione del materiale rigenerato e proveniente o destinato a riuso e riciclo di materia, inclusi i prodotti agro-forestali che provengono da coltivazioni e gestioni sostenibili.Con il 10,2% della produzione realizzata in Europa, nel 2022 l’industria cartaria italiana, si è confermata al 2° posto con posizioni di particolare rilievo nelle produzioni di carte per usi igienico-sanitari, dove è leader assoluto con il 19,9% dei volumi realizzati nell’area (seguito dalla Germania con 18,6%).Le carte e cartoni per imballaggio si classificano al 3° posto con il 9,7% circa dei volumi totali europei, dopo Germania e Svezia. L’Italia è il 2° riciclatore europeo (11,4% dei volumi europei) dopo la Germania, seguita da Spagna e Francia. Il fatturato complessivo del settore è stato di 11,15 miliardi di euro, proveniente per il 50% circa da esportazioni, dirette in larga parte verso i mercati europei.
Cartiere di Guarcino Spa, Distretto Cartario di Frosinone
Una delle aziende rappresentate da Assocarta è Cartiere di Guarcino Spa, società fortemente orientata all’economia circolare sia nella gestione sostenibile del capitale naturale alla base della produzione cartaria: cellulosa, acqua ed energia, che per il modello di business integrato fra le società appartenenti al Gruppo.Cartiere di Guarcino Spa, fondata nel 1990 con sede a Guarcino nel distretto cartario di Frosinone, è specializzata nella produzione di carta decorativa per alta e bassa pressione e per l’industria dei pavimenti. Lo stabilimento occupa una superficie di 144.000 m2 e produce annualmente 50.000 tonnellate di carta impiegando 190 addetti.Precede la fondazione della cartiera, Neodecortech Spa nata nel 1947, società Capogruppo che con i marchi Confalonieri, Plana e Texte è specializzata nella stampa di carta, stampa pvc, impregnazione e laminazione della carta prodotta dalla cartiera.L’orientamento all’innovazione e alla sostenibilità del Gruppo ha, inoltre, portato nel 2006, attraverso la new company controllata Bio Energia Guarcino Srl e grazie a un investimento di 30 milioni di euro, alla realizzazione di un impianto di cogenerazione di energia elettrica e termica, alimentata a biomasse, più precisamente sottoprodotti di origine animale. La potenza della centrale è di 20 MW elettrici e 5 MW termici, grazie ai quali si riesce a soddisfare tutto il fabbisogno elettrico di Cartiera di Guarcino Spa ed il 35% del fabbisogno termico. Bio Energia Guarcino Srl trasferisce anche tutte le garanzie di origine alla società Neodecortech Spa, in tal modo tutta l’energia elettrica impiegata da Gruppo è qualificabile come rinnovabile.L’investimento sul capitale umano (oltre 30 anni di esperienza) dell’azienda consente la forte specializzazione nella produzione di carte base stampa, unicolori marrone-grigio-nero e carte backer (con oltre il 90% di materiale riciclato) oltre che flessibilità nella produzione di lotti medio-piccoli.L’approccio sostenibile della produzione, oltre all’energia verde, segue la circolarità della materia prima attraverso la massimizzazione del recupero e la rinnovabilità. Le materie prime vergini impiegate sono infatti tutte certificate FSC (Forest Stewardship Council). L’area ricerca e sviluppo dell’azienda sta, inoltre, lavorando sulla certificazione Cradle to Cradle che prevede cinque criteri che Cartiere di Guarcino Spa soddisfa: materiali rinnovabili e loro riutilizzo attraverso recupero e riciclo, produzione di energia da fonti rinnovabili per almeno il 50%, gestione delle risorse idriche, in particolare l'utilizzo dell'acqua e la qualità degli scarichi e la responsabilità sociale, basata su pratiche lavorative socialmente sostenibili. Leggi il comunicato stampaSicilia
Consorzio Nazionale per il Riciclo e il Recupero degli Imballaggi in Acciaio
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L'Italia si conferma un’eccellenza a livello europeo per la raccolta differenziata degli imballaggi in acciaio, quali barattoli di pomodoro, scatolette di tonno o pet food, latte d’olio, bombolette spray, tappi, secchielli e fusti, con un tasso di riciclo che supera ampiamente l’obiettivo per il 2025 (70%) e raggiunge addirittura l’80% fissato per il 2030 dall'Unione Europea.Questi risultati sono stati possibili grazie al lavoro di RICREA, il Consorzio Nazionale che assicura il riciclo degli Imballaggi in Acciaio, uno dei sette consorzi di filiera del Sistema CONAI.In Italia nel 2022, in totale sono state raccolte da superficie pubblica e privata 490.223 tonnellate di imballaggi in acciaio (+6% rispetto al 2021), e ne sono state riciclate 418.091 tonnellate, pari all’80,6% dell’immesso al consumo. Grazie alle 418.091 tonnellate avviate al riciclo nel 2022 si è ottenuto un risparmio di 6.750 TJ di energia primaria e si è evitato sia l’utilizzo di 398.000 tonnellate di materia prima vergine sia la dispersione di 548.000 tonnellate di CO2 equivalente.Per RICREA una regione strategica per il riciclo degli imballaggi in acciaio è la Sicilia, e punta molto su questa regione per incrementare i volumi di raccolta. L’attività di raccolta degli imballaggi in acciaio in Sicilia attualmente viene gestita in Convenzione RICREA dal 57% dei Comuni dell’isola, cioè da 221 su un totale di 390, e sono coinvolti oltre 3.883.000 abitanti ovvero l’80% dell’intera popolazione. Con questi numeri il dato della raccolta dei contenitori in acciaio è di 8.207 tonnellate, con una media di Kg/Ab/Anno pari all’1,7. Un dato al di sotto della media nazionale che si assesta al 4,4.Tra le provincie più attive c’è Messina con una raccolta di 1182 tonnellate, seguono Trapani e Agrigento rispettivamente con 681e 615 tonnellate. Il futuro ha quindi ampi margini di miglioramento dal momento che le due più grandi città dell’Isola, Palermo e Catania, ad oggi sono ancora ai margini nell’attività di raccolta.
Acciaierie di Sicilia
Situata nella zona industriale di Catania, Acciaierie di Sicilia fa parte del Gruppo Alfa Acciai dal 1998, e costituisce un valido riferimento naturale per il mercato dell’Italia meridionale e per le esportazioni nei Paesi del Mediterraneo, rappresentando per i clienti del Nord Africa un partner ideale per il loro sviluppo.Unica acciaieria presente sull’isola, grazie alle dimensioni raggiunte, alla tecnologia impiegata e alla qualità dei propri prodotti, crea una filiera isolana di diverse centinaia di occupati.Acciaierie di Sicilia produce con elevati standard qualitativi billette, tondo per cemento armato in barre nei diametri da 8 a 32 mm e rocchetti nei diametri da 8 a 16 mm, risultato dell’elettrofusione di rottame ferroso di provenienza siciliana, tra cui anche gli imballaggi in acciaio provenienti dalla raccolta differenziata fatta dai Comuni.Il materiale viene a monte verificato da un sistema di controllo radiometrico all’avanguardia, successivamente viene fuso in un forno elettrico condizionato in colata continua e sottoposto a laminazione con trattamento termico di tipo Tempcore. L’impianto si avvale di dispositivi di confezionamento delle barre posizionati parallelamente alla linea di rocchettatura.L’azienda si contraddistingue per la costante innovazione tecnologica e per il know-how siderurgico, fattori che garantiscono standard qualitativi sempre più alti, nel rispetto dell’ambiente e della salute e sicurezza dei suoi dipendenti. Tra gli obiettivi principali dell’azienda troviamo, infatti, la sostenibilità ambientale e la qualità del prodotto che di fatto si concretizzano nella produzione di “acciaio ecosostenibile” B450C S, che assicura ottime prestazioni ai fini del comportamento antisismico delle strutture.L’ecosostenibilità perseguita è confermata dalle certificazioni ambientali ottenute (EN ISO 14021, ISO 14025 EPD, LCA, SUSTSTEEL), oltre al fatto che il ciclo produttivo rappresenta un ottimo esempio di economia circolare, utilizzando come materia prima il rottame (rifiuto) e trasformandolo in prodotto finito (tondo).Lombardia
Nuovo sistema di collettamento fognario e depurazione di Gavardo, Villanuova sul Clisi e Vallio Terme
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Dalla fine del 2021 è entrato in funzione il nuovo sistema di collettamento fognario e il depuratore realizzati da A2A Ciclo Idrico a servizio dei Comuni di Gavardo, Villanuova sul Clisi e Vallio Terme. I tre Comuni sono usciti così dall’infrazione europea.A2A è la Life Company che mette la vita e la sua qualità al centro, occupandosi di energia, acqua e ambiente. È il primo player in Italia nell’ambito dell’economia circolare per il trattamento dei rifiuti, il recupero di energia da rifiuti urbani e per il teleriscaldamento, e il secondo operatore nazionale nella generazione di energia per capacità installata.Quotata in Borsa, con oltre 13.000 dipendenti, A2A gestisce la generazione, la vendita e la distribuzione di energia e la vendita e la distribuzione di gas, il teleriscaldamento, il ciclo dei rifiuti, la mobilità elettrica e i servizi smart per le città, l’illuminazione pubblica e il servizio idrico integrato.La sostenibilità è al centro della sua Strategia industriale ed è fra le prime aziende ad aver definito una politica ispirata ai 17 obiettivi dell’Agenda 2030 dell’ONU. Per promuovere la crescita sostenibile del Paese e rendere la transizione energetica e l'economia circolare delle realtà concrete, ha definito un Piano Strategico decennale – di ampio respiro – che prevede investimenti per 16 miliardi di euro dedicati all’economica circolare (5 miliardi di euro) e alla transizione energetica (11 miliardi di euro).Per quanto concerne l’economia circolare, A2A è impegnata a realizzare nuovi impianti di recupero di materia ed energia, sviluppare innovative reti di teleriscaldamento, ridurre le perdite di rete nel ciclo idrico. Per quanto riguarda la transizione energetica, l’impegno è volto a sostenere la decarbonizzazione e ampliare la produzione di energia proveniente da fonti rinnovabili, favorire il processo di elettrificazione dei consumi, garantire alle reti potenza, flessibilità e resilienza, promuovere il consumo responsabile delle risorse fornendo ai clienti energia verde e servizi per l'efficienza energetica e la mobilità elettrica.Il Gruppo A2A gestisce il ciclo idrico integrato in alcune province lombarde: acquedotto, impianti di depurazione e reti fognarie. Investe per ottimizzare e rendere innovativi gli impianti idrici così da ridurre gli sprechi. In questo modo vengono trattate le acque reflue per restituirle all’ambiente libere da sostanze inquinanti.Il progetto, che ha avuto inizio nel 2009 con lo studio di fattibilità, ha portato alla realizzazione di un nuovo depuratore intercomunale in sostituzione dei due depuratori ormai obsoleti a servizio di Gavardo, nei quali già confluivano i reflui di Vallio Terme, e di Villanuova sul Clisi.I due impianti preesistenti, costruiti negli anni 70 ai margini del territorio urbanizzato, con il passare degli anni e lo sviluppo urbanistico del territorio erano stati di fatto inglobati nel centro abitato, avevano raggiunto ormai il limite della loro vita utile, e a causa dell’aumento demografico risultavano non più idonei.Nel 2014 infatti, successivamente alla decisione di costruire il nuovo impianto, l’agglomerato di Gavardo-Vallio Terme è entrato in infrazione europea (2014/2059) per l’insufficienza della capacità del depuratore esistente (10.000 Abitanti Equivalenti contro un bacino sotteso di più di 12.000 abitanti). Anche il depuratore esistente di Villanuova sul Clisi causava non pochi problemi di impatto olfattivo dato che era ormai ubicato in piena zona residenziale, oltre ad essere in funzione ormai da circa 50 anni.I lavori di costruzione dei collettori di trasporto della fognatura e del nuovo impianto di depurazione sono iniziati nel mese di maggio 2018, e finanziati con un investimento pari a 17,2 milioni di euro di cui 16,8 milioni a carico di A2A Ciclo Idrico e 0,4 milioni a carico di ATO e Regione Lombardia. In particolare, 5 milioni sono stati investiti per lo sviluppo della rete di collettori e 12,2 milioni per la realizzazione dell’impianto di depurazione. Successivamente alla messa in funzione del collettore e nuovo depuratore gli impianti esistenti sono stati messi fuori servizio e completamente svuotati e bonificati.Il nuovo impianto ha una capacità di trattamento di 36.000 Abitanti Equivalenti ed è dimensionato in modo da supportare, con adeguati margini, lo sviluppo demografico della zona servita con proiezione di incremento demografico al 2045.L’impianto è stato progettato e costruito curandone in modo particolare l’inserimento ambientale. Infatti, il locale tecnico, un capannone che contiene tutte le apparecchiature elettromeccaniche, è stato inserito nella collina retrostante sbancando e realizzando una palizzata di sostegno mimetizzata con dei blocchi in pietra a basso impatto paesistico.L’edificio è inoltre rivestito con del materiale simil-legno in modo da limitarne l’impatto visivo. Tutta i locali tecnici all’interno sono dotati di un sistema di aspirazione dell’aria, che viene poi trattata in appositi bio-filtri, in modo da evitare fuoriuscite di odori molesti. L’impianto inoltre è costituito da due linee parallele di trattamento completamente autonome ed intercambiabili, ed è costruito su tre livelli di quota in moda da minimizzarne l’impatto ambientale e seguire il declivio della collina.Il depuratore intercomunale di Gavardo si inserisce nell’ottica di una gestione razionale e sostenibile delle risorse idriche. Grazie all’utilizzo a valle del processo di trattamento biologico di una sezione di filtrazione finale e disinfezione ad ultravioletti, consente di reimmettere in ambiente circa 9 milioni di litri/giorno di acqua disponibile per il riutilizzo agricolo.Parte dell’acqua depurata viene inoltre reimpiegata all’interno dell’impianto stesso riducendo l’utilizzo di acqua potabile e consentendo un sistema circolare virtuoso. Il depuratore inoltre garantisce un abbattimento dei contaminanti presenti nei reflui superiore ai limiti prescritti dalla normativa vigente, riducendo il carico inquinante immesso dell’ambiente fluviale. Lo scarico finale delle acque depurate, come per gli impianti esistenti, è nel fiume Chiese. Leggi il comunicato stampa
Emilia-Romagna
Sostenibilità e innovazione della filiera bieticolo-saccarifera italiana
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COPROB-Italia Zuccheri è la Cooperativa di produttori bieticoli nata nel 1962 in Emilia-Romagna, che si caratterizza per una gestione completa, dal campo al cliente, della filiera dell’unico zucchero 100% italiano.Pienamente integrata con i suoi 4.000 soci produttori agricoli (cui si aggiungono altri 2.500 conferenti di materia prima), offre ai bieticoltori consulenza agronomica e servizi, e coordina il trasporto delle barbabietole dalle aziende agricole ai due zuccherifici di Minerbio e Pontelongo che alimentano ogni anno un intero indotto del valore di circa 200 milioni di euro.Una filiera all’avanguardia grazie all’impiego di nuove tecnologie, strumenti messi in campo per rendere la produzione di zucchero sempre più sostenibile dal punto di vista sociale, ambientale ed economico. In questa ottica, dopo anni di ricerca, nel 2019 ha avviato su larga scala la prima filiera biologica di barbabietola da zucchero che, con i suoi 1.200 ettari dislocati non solo nei bacini tradizionali di coltivazione (Emilia-Romagna e Veneto), ha riportato la bieticoltura a regioni dove si era persa a seguito della riforma europea (Piemonte, Lombardia, Friuli-Venezia Giulia, Marche, Toscana).Il lavoro di COPROB verso un’agricoltura più sostenibile è testimoniato dall’impegno a ridurre fortemente gli input negativi a partire dalla chimica (non utilizzando glifosate e neonicotinoidi nella concia del seme) e dalla certificazione SQNPI – Sistema di qualità nazionale di produzione integrata, che consente di convertire il convenzionale in un'agricoltura 100% sostenibile dove la barbabietola rappresenta già di per sé una coltivazione virtuosa per l'ambiente. Oggi circa il 75% delle superfici coltivate sono certificate SQNPI o bio, con l’obiettivo di completare la transizione entro il 2025.Ma la strada verso una maggiore sostenibilità della filiera produttiva passa anche dalle innovazioni tecnologiche. Attraverso sistemi di gestione agricola rivoluzionari, la Cooperativa ha la possibilità di effettuare analisi costanti dei dati che consentono il monitoraggio e la massima efficienza nella gestione del terreno e delle risorse impiegate. Per esempio, uno strumento utilizzato già da molti anni è il DSS (Decision Support System) che, attraverso il monitoraggio dell’andamento climatico (in particolare del tasso di umidità), aiuta l’agricoltore a capire quale sia il momento giusto per intervenire nei trattamenti (fondamentale per contrastare le carenze in aumento negli ultimi anni), in un’ottica di precision farming.Grazie a sistemi di mappatura satellitare, inoltre, è possibile impostare le guide dei trattori in modo che non avvenga una sovrapposizione dei trattamenti ottenendo un risparmio sia in termini ambientali che di costi di prodotto. Tali sistemi consentono inoltre di effettuare il controllo nutrizionale su grandi superfici in tempi molto rapidi, oltre che a individuare le aree dell’appezzamento che presentano problematiche agronomiche attraverso l’osservazione dell’attività fotosintetica della pianta (NDVI – Normalized Difference Vegetation Index).Importanti nell’agricoltura 4.0 sono poi droni, sonde e sensori “di campo” che possono essere sfruttati al meglio a supporto degli agricoltori. Negli ultimi anni si stanno testando dei prototipi con sensori ottici per controllare in modo preciso le infestanti, riducendo i danni alla barbabietola, ed è stato integrato nel processo agricolo un robot alimentato a energia solare in grado di seminare 2 ettari al giorno e di memorizzare, a distanza di tempo, il punto preciso di semina per ritornarci dopo mesi per la sarchiatura. Innovazioni che permettono di pulire le infestanti attorno senza danneggiare il seme, migliorando l’efficienza della coltivazione, senza l’utilizzo di diserbanti.Dall’innovazione all’economia circolare il passo è breve. Della barbabietola infatti nulla viene sprecato. Negli ultimi anni COPROB-Italia Zuccheri ha introdotto una novità rivoluzionaria, che conferma la sua vocazione alla sostenibilità e all’economia circolare. Grazie alle conoscenze tecnologiche acquisite nel tempo e alla partnership sviluppata con Timac Agro Italia, è nato un nuovo fertilizzante granulare ottenuto dalle calci valorizzate, residuo di produzione dello zuccherificio, utilizzabile sia nell’agricoltura convenzionale che in quella biologica. Un prodotto, sviluppato nell’ambito del progetto “Restituire energia alla terra”, e studiato per la conservazione e la rigenerazione della sostanza organica, per favorire l’equilibrio energetico del suolo, lo sviluppo della flora microbica e migliorare la disponibilità degli elementi nutritivi.Dalle calci alle polpe: utilizzate fino a una decina di anni fa ad uso esclusivamente zootecnico, oggi vengono impiegate anche nell’alimentazione degli impianti di biogas per la produzione di energia elettrica. Inoltre, il digestato derivante da questi impianti viene utilizzato nella concimazione dei terreni, una soluzione che apporta al suolo una sostanza organica nobile, a elevato potere fertilizzante, e limita l’impatto sull’ambiente e l’uso dei concimi chimici.Sul futuro dell’ambiente punta anche il progetto “Dallo zucchero al miele” nato dall’alleanza tra COPROB-Italia Zuccheri e Conapi, il Consorzio nazionale apicoltori bio più grande d’Europa. L’obiettivo è attivare sinergie e programmi comuni sulla biodiversità, rivolti alla tutela degli insetti impollinatori e in particolare delle api. A fronte di questo accordo, COPROB distribuisce ai propri soci dall’autunno 2022 un sovescio con piante mellifere.L’ultima collaborazione attiva è infine quella con CER – Canale Emiliano Romagnolo con l’obiettivo della messa a punto di un progetto sperimentale finalizzato alla definizione di strategie innovative per l’irrigazione sostenibile della barbabietola da zucchero. Se infatti, attraverso il centro di ricerca della Cooperativa viene sviluppato un importante lavoro sulle varietà e sulla difesa, gli aspetti relativi alle tecniche di irrigazione rimanevano ancora da approfondire, poiché l’irrigazione della bietola nell’areale della pianura padana non è mai stata considerata una pratica agronomica indispensabile, anche se è comprovato che grazie ad interventi irrigui adeguati è possibile elevare in maniera sensibile la produzione di radici e saccarosio.
Veneto
Stabilimento Fassa Bortolo di Ceraino di Dolcè
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Dal 1710 quella di Fassa Bortolo è una storia di impegno continuo verso il progresso nel settore dell'edilizia. Oggi è un marchio riconosciuto come leader in Italia e a livello internazionale, che si contraddistingue per la ricerca legata alle materie prime e all'innovazione sostenibile.La calce rappresenta un elemento fondamentale nell’edilizia, e Fassa Bortolo da sempre la utilizza come componente essenziale in molte delle sue soluzioni. La produzione oggi è estremamente varia, spazia dalle malte ai materiali per la posa, dalle pitture alle soluzioni per il risanamento, il ripristino e l'isolamento termico. Particolare attenzione viene data al mondo bio, per permettere una scelta consapevole di prodotti specifici per la bio-architettura e di cui l’utente può conoscerne l’impatto ambientale lungo tutto il ciclo di vita.Il Gruppo ad oggi conta 16 stabilimenti in Italia, uno in Portogallo, uno in Spagna e uno in Brasile, e sta lavorando a un nuovo impianto produttivo in Spagna dedicato al cartongesso.
Linea NOVANTICA®
Dalla necessità di intervenire su murature antiche con materiali compatibili e di adeguarli alla più moderne opportunità tecnologiche e alle normative vigenti, è nata una linea di prodotti Fassa Bortolo dedicati specificatamente al restauro: NOVANTICA®.Protagoniste di questi innovativi prodotti sviluppati dal Centro Ricerche Fassa I-Lab, insieme alla calce aerea, sono le “eco-pozzolane”, materiali di riciclo con caratteristiche di reattività pozzolanica, che altrimenti sarebbero destinate allo smaltimento, con inevitabili ripercussioni sull’ambiente.Le eco-pozzolane, mescolate con la calce aerea e a contatto con l’acqua, si rivelano un ottimo legante idraulico, nel tempo migliorano le resistenze meccaniche della malta e non apportano ulteriori sali nocivi alle strutture. I prodotti della linea NOVANTICA® sono quindi perfetti per il restauro storico, data la completa assenza di cemento, compatibili sia dal punto di vista fisico che chimico col materiale originale su cui si va a intervenire e, sono reversibili, ossia rimuovibili dal supporto senza lasciare danni.In relazione alla linea NOVANTICA® Fassa Bortolo ha avviato una collaborazione con il Dipartimento di Architettura dell’Università degli Studi Roma Tre con l’obiettivo di sottoporla ad analisi e confronto con prodotti comunemente in uso, e quantificarne il minore impatto, sia in termini di emissioni di CO2 che di sostanze nocive come i VOC, Composti Organici Volatili. Alla luce dei risultati ottenuti, i prodotti della linea NOVANTICA® si possono avvalere della dicitura “prodotto consigliato da Legambiente”.Fassa I-Lab
Fassa Bortolo si è dotata da oltre 20 anni di un Centro Ricerche interno, un laboratorio all’avanguardia attrezzato con apparecchiature come Fluorescenza e Diffrazione ai Raggi X, Microscopia elettronica, Granulometria laser, che consentono di analizzare la materia a livello microscopico, valutandone le caratteristiche chimico-fisiche, in modo da poter selezionare le formulazioni che più garantiscono la qualità dei prodotti e prevederne, attraverso specifici test, il comportamento nelle diverse condizioni ambientali.La collaborazione con istituti di ricerca, università e partner strategici con conoscenze specialistiche, ha consentito anche di accelerare l'innovazione e l'adozione di soluzioni sostenibili. Attraverso la ricerca su tecnologie all'avanguardia, è stato possibile migliorare l'efficienza energetica dei prodotti e dei processi, riducendo l'utilizzo di risorse naturali non rinnovabili e l'emissione di sostanze inquinanti, contribuendo a una maggiore sostenibilità.L’obiettivo circolarità interviene anche nel lavoro del Fassa I-Lab, dove si sviluppano prodotti e soluzioni che facilitino, laddove possibile, il riciclo dei materiali edili e si promuovono pratiche di demolizione e costruzione sostenibili. In questo è fondamentale collaborare con fornitori e partner per garantire la tracciabilità e l'origine sostenibile delle materie prime utilizzate.Revamping dello stabilimento di Ceraino di Dolcè (VR)
Lo stabilimento di Ceraino di Dolcè (VR) è presente, in quello che è il più importante distretto estrattivo di calcare del Veneto, dalla fine dell‘800. Nel 2017, Fassa Bortolo ha acquisito prima l’impianto di premiscelati e poi quello della produzione di calce. L’azienda non si è però limitata all’acquisizione di uno stabilimento funzionante, ma ha voluto investire su un profondo rinnovamento, un intervento di revamping impiantistico, tecnologico e gestionale iniziato nel 2019.Il primo passo è stato ripristinare i forni esistenti rendendoli più efficienti. Anche se l'impianto preesistente rispettava la normativa a livello di emissioni, l’intervento ha consentito di ridurle notevolmente. Sono state regimate le acque meteoriche di tutta l'area produttiva, migliorato l'impatto acustico e l'impatto visivo: lo stabilimento oggi è perfettamente inserito nel contesto naturale, grazie al lavoro dell’architetto di fama internazionale Andrea Kipar e del suo studio Land.L’aspetto più rilevante dell’intervento ha riguardato il cambio di combustibile, da pet coke a polverino di legno. Ad oggi Fassa è l’unico gruppo in Italia che può vantare impianti di produzione della calce che producono senza l’utilizzo dei combustibili di origine fossile. Infatti, in piena applicazione del protocollo di Kyoto per la riduzione dei gas serra, si è preferito, a fronte di un investimento di alcune decine di milioni di euro, utilizzare come combustibile lo scarto della lavorazione del legno che ha permesso di azzerare la componente CO2 da combustibile di origine fossile. Leggi il comunicato stampaCampania
Repowering dell’impianto eolico di Aquilonia
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Gli impianti eolici installati nei territori delle province di Avellino, Benevento e Foggia, lungo la dorsale appenninica, sono interessati da un progetto di Repowering che ha avuto inizio nel 2023, mentre è stato realizzato un nuovo impianto situato nel territorio del Comune di Aquilonia (AV).Di proprietà del Gruppo IVPC, gli impianti sono attualmente costituiti da 282 aerogeneratori entrati in esercizio tra il 2007 ed il 2010.Nei prossimi due anni il progetto si svilupperà con l’installazione di un totale di 49 nuovi aerogeneratori in sostituzione dei 282 attuali, e comporterà un incremento della potenza totale di circa il 10%, con conseguente aumento della produzione di circa il 40%.L’intervento di Repowering riguarderà la sostituzione degli attuali aerogeneratori di tecnologia ormai obsoleta, costituiti da una torre a traliccio e aventi una potenza unitaria di 0,6 MW, con aerogeneratori su tubolare di ultima generazione, tecnologicamente avanzati e con potenza unitaria compresa tra 4 e 6 MW. In particolare, nel Comune di Aquilonia verranno installati 4 aerogeneratori, due da 3,8 MW e due da 2,2 MW per un totale di 12 MW. Leggi il comunicato stampa
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Undicesima tappa della campagna congressuale “I Cantieri della Transizione Ecologica” a Modena, in Emilia-Romagna.L’incontro che si terrà a Modena presso Happen, centro giovanile, sarà l’occasione per presentare il Dossier di Legambiente “Periferie più giuste” e per confrontarsi con esperti ed esperienze di innovazione sociale.La transizione ecologica è una occasione da non perdere per riqualificare le periferie, luogo sintomatico delle disuguaglianze ambientali, sociali e culturali: la rigenerazione urbana non è un’operazione tecnica, ma riguarda anche la riqualificazione delle relazioni sociali e di prossimità, il senso di comunità, la qualità dell’ambiente di vita e dei servizi. Leggi il Dossier “Periferie più giuste” qui. Leggi il comunicato stampa
Friuli-Venezia Giulia
Vetreria O-I
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Assovetro, Associazione Nazionale degli Industriali del Vetro, è l’Associazione imprenditoriale di Categoria senza scopo di lucro, costituita nel 1947, composta da Aziende industriali che fabbricano e trasformano il vetro.L’Associazione inquadra 68 Aziende, delle quali 24 appartengono al comparto delle prime lavorazioni (fabbricazione), 41 appartengono al comparto delle seconde lavorazioni (trasformazioni), 3 al comparto delle lampade e display. Il settore conta 30 mila dipendenti diretti e altrettanti dell’indotto ed è il secondo produttore europeo come intero comparto e primo produttore europeo per imballaggi in vetro.Il 2022 è stato l’Anno Internazionale del Vetro, stabilito dall’Assemblea Generale delle Nazioni unite, per evidenziare il ruolo scientifico, economico e ambientale del vetro nella nostra società. Versatile e funzionale in tanti impieghi, il vetro è un packaging riutilizzabile e riciclabile all’infinito in nuove bottiglie e vasetti, riducendo così gli sprechi, risparmiando materie prime, proteggendo l’ambiente. Il rottame, infatti, può essere rifuso sempre, senza alcuna perdita di peso o variazione di purezza o qualità. Il vetro è una risorsa chiave per società circolari ed è per questo che è stato definito più volte la gemma nascosta in un futuro a emissioni zero.In Italia nel 2022 il riciclo dei rifiuti di imballaggi in vetro provenienti dalla raccolta nazionale ha raggiunto il quantitativo di 2.293.356 tonnellate. Il settore della produzione di nuovi contenitori rimane tuttora il naturale e, di gran lunga, il più importante sbocco per il riciclo dei rifiuti d’imballaggio in vetro raccolti in ambito nazionale, in un perfetto schema di economia circolare. Nel periodo 2013-2022, il vetro riciclato ricavato dai rifiuti d’imballaggio consumati in Italia è cresciuto del 42,4%, mentre il riciclo totale, comprendente anche il rottame proveniente dai rifiuti nazionali di vetro piano e il rottame di vetro importato, ha avuto un incremento del 41,4%.
Stabilimento O-I di Villotta di Chions (PN)
Una delle aziende che fanno parte di Assovetro è la multinazionale O-I Glass Inc, leader nella produzione di bottiglie e vasetti, che conta in Italia 11 stabilimenti (incluse 2 joint venture), di cui uno a Villotta di Chions, in provincia di Pordenone. Lo stabilimento è stato fondato come Friulvetri nel 1973, è diventato parte di O-I dal 1997, e oggi conta 167 dipendenti diretti e 275 clienti in 5 segmenti di mercato: vino 64%, alimentari 24%, alcolici 9%, birra 2%, NAB 1%. La vetreria di Villotta, con le sue 5 linee di produzione, ha una produzione di 150 kton/anno, con una media di 0,9 milioni di bottiglie al giorno.Lo stabilimento O-I di Villotta ha adottato una varietà di tecnologie di produzione e ambientali per migliorare la sostenibilità della propria impronta. Ad esempio, la percentuale di contenuto medio di vetro riciclato è del 70-80%. Ma soprattutto, l’aggiornamento di entrambi i forni per l'utilizzo di tecnologia di ossicombustione ha consentito di aumentare l'efficienza energetica dei forni per la fusione del vetro utilizzando l'ossigeno, anziché l'aria, per ridurre le emissioni di ossido di azoto (NOx) del 70%. Inoltre, la riduzione di consumo di energia è superiore al 38%, e la riduzione dei volumi dei fumi è attorno al 50% rispetto alla tecnologia precedente. Le innovazioni tecnologiche usate a Villotta prevedono infatti l’alimentazione del forno usando l’ossigeno come combustibile al 90% (al posto della tradizionale alimentazione ad aria calda), con un conseguente risparmio di combustibile e la riduzione delle emissioni di Nox.In più, O-I ha adottato una tecnologia per includere nel ciclo anche il preriscaldamento del vetro riciclato definito rottame. L'uso del rottame di vetro costituisce già di per sé un vantaggio nella produzione del vetro, poiché richiede una quantità inferiore di energia per la fusione e consente di ridurre le emissioni. Il sistema di preriscaldamento del rottame dello stabilimento di Villotta offre un risparmio energetico ancora maggiore, perché consente di acquisire il calore di scarico dei forni e riutilizzarlo per aumentare la temperatura del rottame in ingresso.Oltre alle innovazioni nel sistema dei forni, nell’impianto di Villotta si utilizza un ciclo Rankine a fluido organico (ORC, Organic Rankine Cycle), un generatore elettrico che trasforma ulteriormente il calore di scarto in energia utile per alimentare i sistemi all'interno della struttura. Leggi il comunicato stampaLombardia
Torre Unipol
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La Torre Unipol a Milano costituisce l’ultimo tassello del grande progetto di Porta Nuova, intervento di riqualificazione urbana di ampio respiro che negli ultimi anni più di qualsiasi altro ha contribuito a rinnovare e qualificare l’immagine della città, dotandola di un moderno distretto finanziario all’altezza delle più importanti capitali europee.All’interno di questa cornice contemporanea, il concorso per la progettazione della nuova sede di alta rappresentanza del Gruppo Unipol costituisce, per l’ambizione degli obiettivi espressi dalla committenza e per l’eccezionale prestigio della location, un’occasione molto importante per il panorama architettonico milanese e nazionale.Nell’autunno del 2014 il Gruppo Unipol decide di bandire un concorso di idee per il completamento dell’ultimo lotto edificabile all’interno del compendio PII Garibaldi Repubblica di cui è proprietaria. Viene costituita un’apposita commissione esaminatrice formata da 6 membri (4 interni e 2 esterni esperti di strutture e impianti) e vengono invitati 6 prestigiosi gruppi di progettazione italiani. Il bando poneva al centro dei requisiti le tematiche dell’innovazione tecnologica, del risparmio energetico, dell’ergonomia, premiando la capacità di coniugare l’iconicità della soluzione estetica con l’armonizzazione con il contesto urbano circostante.La gara si conclude al termine della primavera del 2015 giungendo ad individuare nella torre di MCA - Mario Cucinella Architects quella che, più di tutte, possedeva i presupposti per coniugare al meglio le aspettative della Committenza sia in ambito estetico che funzionale e tecnologico. Fu assegnato quindi l’incarico di progettazione allo studio MCA che ha portato alla soluzione con cui oggi possiamo ammirare l’edificio in procinto di ultimazione.Il progetto per la Torre Unipol è un esempio di architettura “sensoriale”. La pelle rappresenta l’elemento che fa dell’edificio un organismo in continuo scambio con l’esterno, un intreccio di rami ordinati che interagiscono mediante luce e aria. L’edificio, una torre ellittica di 124 metri, prende forma all’interno del tessuto urbano, assecondando l’andamento del sole, nel rispetto delle peculiarità del contesto fisico esistente e del clima. Dalla grande area pedonale di Porta Nuova si accede alla piazza, che prende vita da una suggestiva copertura vetrata, generata dalla facciata dell’edificio, in un gesto simile a quello di una corteccia che si “sfoglia”. Un grande atrio centrale, dominato dalla luce e sul quale si affacciano tutti i piani dell’edificio, accoglie i visitatori. Questo atrio, insieme alla serra posta in sommità e alla pelle, fa dell’intera torre un vero e proprio dispositivo bioclimatico.La forma dell’edificio, che si sviluppa da una pianta ellittica, è stata concepita per aumentarne l’efficienza energetica, riducendo significativamente la superficie disperdente (se comparata a un edificio di analoga volumetria ma dalla forma rettangolare) e interagendo maggiormente con il contesto micro-climatico circostante.Il grande atrio verticale sul lato sud-ovest agisce come buffer bioclimatico. Durante l’inverno si comporta come una vera e propria serra, riducendo le dispersioni termiche dell’involucro e trattenendo i guadagni solari gratuiti. Durante l’estate si apre verso l’esterno grazie al lucernario sommitale, sfrutta l’effetto camino per ventilare naturalmente l’intero spazio e contribuisce ad offrire protezione solare agli spazi ufficio retrostanti.La doppia pelle, come l’atrio, agisce da buffer bioclimatico dinamico. In inverno l’intercapedine agisce da strato isolante aggiuntivo che contribuisce a ridurre significativamente le perdite di calore. Durante la stagione estiva, invece, la ventilazione dell’intercapedine limita il surriscaldamento degli ambienti retrostanti. Per una consistente porzione dell’anno, l’effetto mitigante della doppia pelle offre la possibilità di ventilare naturalmente gli spazi interni adiacenti.Il coronamento della torre ha la funzione di serra bioclimatica e ospita un vero e proprio sky-garden. In inverno, grazie a un sistema di lamelle fotovoltaiche mobile, la serra rimane chiusa e immagazzina i guadagni solari. In estate, le lamelle escludono la radiazione solare diretta, offrendo adeguata ombreggiatura, massimizzando allo stesso tempo la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, mentre le aperture basali e sommitali permettono di beneficiare dell’effetto della ventilazione passante.Il layout interno concentra la maggior parte degli uffici sui fronti Est-Nord-Ovest, massimizzando i benefici derivanti dalla disponibilità di luce diffusa e offrendo la possibilità di affacciarsi sul parco adiacente. L’involucro vetrato permette un’ottimale penetrazione della luce naturale negli ambienti interni. Il controllo della radiazione luminosa e la prevenzione dell’abbagliamento sono affidati a tende esterne a lamelle regolabili poste sia all’interno dell’intercapedine della doppia pelle sia verso il grande atrio centrale.La torre impiega impianti ad alta efficienza energetica quali pompa di calore ad acqua di falda, ventilazione meccanica con recupero di calore e impianto fotovoltaico per la produzione locale di energia. La raccolta delle acque piovane combinata con una rete duale permette di ridurre sensibilmente la domanda di acqua dall’acquedotto. L’edificio sarà classificato Leed v4 livello Platinum.
Piemonte
Impianto di produzione di pompe di calore ad alta temperatura
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A Mappano, in provincia di Torino, l’azienda italiana Teon sviluppa, produce e commercializza soluzioni innovative per la produzione di riscaldamento, di acqua calda sanitaria e raffrescamento di abitazioni, edifici e più in generale di grandi volumetrie commerciali e industriali, utilizzando l’energia presente in natura.Le soluzioni di Teon estraggono il calore da una risorsa naturale come l’acqua di falda, il terreno o l’aria, ne elevano la temperatura senza bruciare combustibili e lo consegnano all’impianto di riscaldamento sino a 80° C e oltre, se necessario. Possono quindi sostituire le caldaie a metano, gasolio o gpl perché sono compatibili anche con radiatori tradizionali, dimensionati per funzionare a temperature elevate, senza doverli cambiare.Le pompe di calore di Teon, realizzate con tecnologia proprietaria Water Blaze®, rappresentano quindi un’alternativa efficiente alle caldaie a combustibile fossile, e sostenibile, poiché azzerano ogni emissione inquinante sul posto ricorrendo all’impiego di fonti rinnovabili pulite.L’innovazione alla base della tecnologia Water Blaze® consiste nell’introduzione di un sotto-raffreddamento spinto, in modo da recuperare l’entalpia di sotto-raffreddamento e riutilizzarla sotto forma di potenza termica cedibile all’impianto di riscaldamento. A parità di assorbimento elettrico, si ottiene maggiore riscaldamento cedibile all’impianto senza aumentare i consumi.Le pompe di calore Teon inoltre utilizzano refrigeranti naturali, non climalteranti (GWP = 3) a differenza degli F-GAS, privi di sostanze chimiche inquinanti come gli PFAS a differenza dei refrigeranti HFO, ma soprattutto più performanti alle alte temperature.Con la pompa di calore Teon circa l’80% del fabbisogno di energia termica utile viene prelevato da una risorsa naturale come l’acqua di falda, l’aria o la terra, mentre per il restante 20% si utilizza energia elettrica. Rappresenta quindi una soluzione rinnovabile e all’avanguardia in termini di efficienza.Le macchine sono realizzate per oltre il 90% con materiali riciclati e riciclabili. In più, permettono di evitare qualsiasi combustione e quindi l’emissione di inquinanti in atmosfera tipici delle caldaie tradizionali, che rappresentano la maggior fonte di inquinamento nelle nostre città sia in termini di CO2 che di particolato sottile. Leggi il comunicato stampa
Puglia
Impianto Nicola Veronico di Modugno
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Se oggi l’Italia è al primo posto in Europa nella gestione circolare degli oli minerali usati, il merito è da ricondurre al lavoro del CONOU, il Consorzio Nazionale degli Oli Minerali Usati.Operativo dal 1984, il Consorzio coordina l’attività di 60 aziende di raccolta e di 2 imprese (3 impianti) di rigenerazione distribuiti sul territorio nazionale. Grazie ad una filiera coesa e sostenibile, garantisce che neanche una goccia di un rifiuto pericoloso vada dispersa nell’ambiente e che si completi al 100% la circolarità del ciclo.Gli oli usati sono ciò che si recupera alla fine del ciclo di vita dei lubrificanti, che vengono impiegati prevalentemente nel settore industriale e nell’autotrazione per il corretto funzionamento degli impianti e dei motori, riducendo l’attrito delle componenti meccaniche in movimento. Definito dalla legge “rifiuto pericoloso”, l’olio lubrificante usato, se smaltito in modo scorretto o impiegato in modo improprio, può trasformarsi in un potente agente inquinante. Attraverso il sistema di filiera del CONOU, invece, è diventato un’importante risorsa economica per il nostro Paese grazie alla sua raccolta e rigenerazione, potendo tornare a una nuova vita con caratteristiche equivalenti a quelle del lubrificante da cui deriva.Grazie a questa compiuta circolarità, il Consorzio è un modello all’avanguardia in campo internazionale: mentre in Europa infatti si avvia a rigenerazione una quota pari solamente al 60% dell’olio lubrificante usato raccolto, in Italia questo rapporto arriva a oltre il 98%.In 39 anni di attività, il CONOU ha raccolto 6,7 milioni di tonnellate di olio lubrificante usato, 6 milioni delle quali avviate alla rigenerazione, che ha prodotto 3,5 milioni di tonnellate di olio base. Il riutilizzo dell’olio lubrificante usato ha consentito un risparmio complessivo sulle importazioni di petrolio del Paese di circa 3 miliardi di euro.Nel 2022 sono state 181 mila tonnellate di olio lubrificante usato raccolto, praticamente la totalità del raccoglibile. Del raccolto, oltre il 98% è stato rigenerato, con la produzione di ben 118 mila tonnellate di nuove basi lubrificanti e di oltre 38 mila tonnellate di bitumi e gasoli.L’attività ha avuto effetti positivi anche in termini economici e sociali: un risparmio di circa 130 milioni di euro sulla bolletta petrolifera per importazioni di greggio evitate, un impatto economico rilevante e lavoro per 1.216 persone tra occupazione diretta e indotto.Diversi anche i benefici in termini di tutela ambientale e salute umana. Sempre nel 2022 grazie al sistema CONOU è stata evitata l’immissione in atmosfera di 64 mila tonnellate di CO2 equivalente rispetto al modello alternativo (cioè l’estrazione e raffinazione di petrolio vergine come materia prima).Si sono inoltre stimati una riduzione dello sfruttamento del suolo del 77%, l’84% in meno di emissioni di anidride solforosa responsabile delle “piogge acide”, un minore impatto in termini di unità tossiche cancerogene dell’84%, e un beneficio in termini di minore incidenza di malattie dovute all’emissione di particolato.
Azienda Nicola Veronico S.r.l. di Modugno (BA)
Una delle 60 aziende raccoglitrici opera in Puglia, regione dove nel 2022 il sistema CONOU ha raccolto 8.802 tonnellate di oli lubrificanti usati.La Nicola Veronico S.r.l. dal 1984 opera nella raccolta, recupero e smaltimento dei rifiuti a salvaguardia dell’ambiente, nel rispetto di elevati standard qualità e di sicurezza. La sua storia affonda le radici già negli anni ’20 con un’attività di compravendita di carbone e raccolta di rottami nel quartiere Libertà di Bari. Oggi, con i suoi due impianti di stoccaggio a Modugno (BA) e ad Ascoli Satriano (FG), è un punto di riferimento in Puglia e in Italia nella raccolta, trasporto, stoccaggio e trattamento di rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi destinati al recupero e/o allo smaltimento.L’impianto di Modugno opera sul territorio delle province di Bari, Brindisi, Lecce, Taranto, Matera e Potenza. Ha una capacità di stoccaggio e trattamento di 120.000 t/anno ed è attualmente oggetto di un importante potenziamento delle aree e dei volumi di stoccaggio e delle linee di trattamento che si completerà nel 2023. Per svolgere la sua attività di raccolta rifiuti, si avvale di 41 automezzi e, con l’attivazione della nuova autorizzazione, arriverà ad utilizzare complessivamente 40 serbatoi.Serbatoi, piazzali, autocisterne, automezzi con impianti a cassone o cisterne scarrabili, veicoli cassonati fissi e muniti di vari sistemi di caricazione, furgoni e autogrù, sono le attrezzature di cui la Nicola Veronico S.r.l. mantiene in piena efficienza al fine di assicurare che anche il trasporto e la movimentazione dei rifiuti avvengano nelle migliori condizioni di sicurezza per gli operatori, per il cliente e per l’ambiente.L’anima della Veronico è, come altre aziende di raccolta della filiera CONOU, la struttura familiare, capace di accompagnare l’importante crescita dell’azienda con professionalità e visione sul futuro, reinvestendo con fiducia in un continuo processo di ammodernamento. Leggi il comunicato stampaCampania
Le proposte di Legambiente per la rigenerazione territoriale, economica e sociale di Ischia
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La rigenerazione territoriale, economica e sociale dell’isola di Ischia per Legambiente riveste un’importanza di rilievo nazionale. Da decenni in prima fila nel denunciare i tanti mali procurati da una cattiva gestione del territorio (dall’abusivismo edilizio, al consumo di suolo, alla mancata prevenzione dei rischi idrogeologico, sismico e vulcanico), Legambiente ritiene che il percorso di ricostruzione, a seguito degli ultimi tragici eventi accaduti con il sisma di agosto 2017 e con l’alluvione di novembre 2022, debba rappresentare un’occasione per voltare pagina. Un’occasione per garantire il massimo della sicurezza possibile, salvaguardare il suolo e il paesaggio, consumare meno energia e materia, offrire nuove e durature opportunità lavorative alla gioventù ischitana.Legambiente intende dare il proprio contributo al dibattito pubblico sul futuro dell’Isola con alcune proposte che tratteggiano la strada da seguire, dandosi un obiettivo temporale al 2030. Nel dossier Cantiere Isola di Ischia 2030 - Sicurezza, Innovazione, Partecipazione si sottolineano i principali e vecchi problemi che vanno risolti oltre alle nuove sfide poste dai cambiamenti climatici e dalla transizione ecologica ed energetica.Le proposte di Legambiente sono divise in 10 aree tematiche:
- La sicurezza prima di tutto
- Stop al consumo di suolo, recupero degli edifici abbandonati e inutilizzati
- Mai più abusi edilizi
- Legalità, Trasparenza, Sicurezza e qualità del lavoro
- Affrontare i problemi ambientali guardando al futuro
- Un’Area protetta per tutelare la natura del Monte Epomeo
- Turismo e agricoltura di qualità
- Rigenerazione energetica: rinnovabili e CER
- Nessuno deve rimanere indietro
- Partecipazione dei cittadini
Lombardia
Impianto di riciclo delle capsule in alluminio di Nespresso
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Circolarità, innovazione tecnologica, impegno sociale, e importanza di fare rete tra aziende, consorzi e impianti. Sono i pilastri di “Da Chicco a Chicco”, il progetto di economia circolare di Nespresso per dare una seconda vita alle capsule esauste di caffè e trasformare un chicco di caffè in un chicco di riso. Nato nel 2011 grazie a una convenzione con CIAL (Consorzio Nazionale Imballaggi Alluminio), Utilitalia e CIC (Consorzio Italiano Compostatori), è il primo sistema lanciato in Italia per il recupero e il riciclo delle capsule in alluminio.“Da Chicco a Chicco” permette ai clienti di riconsegnare le loro capsule esauste in alluminio nell’apposita area recycling presente all’interno delle boutique Nespresso o nelle isole ecologiche partner dell’iniziativa, oltre 150 punti di raccolta in 80 città italiane. Una volta recuperate dalle aziende di gestione del servizio di raccolta differenziata, le capsule esauste vengono inviate per la lavorazione e il recupero presso un impianto a Gavardo, in provincia di Brescia, dove l’alluminio viene separato dal caffè.Nell’impianto Garm – Gavardo Recupero Metalli, specializzato nel recupero di nuove materie prime e nella lavorazione delle capsule in alluminio, avviene il trattamento e la separazione dei due materiali che compongono la capsula esausta. L’alluminio è destinato alle fonderie per avviare il processo di riciclo che lo trasformerà in nuovi oggetti come penne, biciclette, coltellini. Il caffè esausto, invece, viene inviato in un impianto di compostaggio, trasformato in compost e, successivamente, ceduto a una risaia in provincia di Novara. Il riso prodotto grazie a questo concime naturale viene poi riacquistato da Nespresso e infine donato al Banco Alimentare di Lombardia, Lazio, Piemonte e Puglia.Dal 2011 sono state recuperate quasi 10mila tonnellate di capsule in alluminio esauste che hanno permesso di generare nuove risorse: oltre 570 tonnellate di alluminio, oltre 5.000 tonnellate di caffè esausto e più di 5.000 quintali di riso, equivalenti a circa 5 milioni di piatti destinati a chi ne ha più bisogno.
L’impianto Garm di Gavardo (BS)
“Da Chicco a Chicco” consente ogni anno di recuperare e riciclare l’alluminio e il caffè esausto delle capsule Nespresso. Questo procedimento avviene nell’impianto Garm – Gavardo Recupero Metalli a Gavardo, in provincia di Brescia. Qui le capsule esauste vengono stoccate per essere poi avviate a riciclo attraverso la piattaforma di trattamento di Garm, che ne consente il recupero tramite l'utilizzo di due principali sezioni, all’interno delle quali le diverse frazioni presenti nei materiali raccolti vengono separate (metalli ferrosi e non ferrosi, frazioni leggere, scarto organico).Nella prima fase del processo, con una pala gommata le recycling bag vengono trasportate all’interno della tramoggia di carico e raggiungono un pre-macinatore, dove due rotori a lame tagliano i sacchetti e le capsule contenute. In questa fase, un operatore elimina manualmente i sacchetti lacerati dal pre-macinatore in uscita dal nastro, in modo da alleggerire l’alimentazione al primo mulino e consentire ai sacchetti di essere avviati al riciclo per il recupero della plastica.Una volta tagliate, le capsule vengono avviate alla fase di setacciamento sulla base delle dimensioni. Il materiale più fine, cioè il caffè, attraversa la rete e raggiunge il box sottostante. Quello più grande che non oltrepassa la rete, l’alluminio, viene macinato nel primo mulino e prosegue il percorso sul nastro di risalita per raggiungere il separatore ad induzione, che ha il compito di separare l’alluminio dal resto del materiale grazie alla forza di repulsione esercitata da un campo magnetico generato dalla rotazione di tamburi.Grazie a un nastro per la raccolta dell’alluminio, il materiale viene poi caricato nel secondo mulino, che effettua una macinazione e che permette al materiale più leggero di essere aspirato e caricato su un vibrovaglio grazie a una coclea. Qui avviene la separazione del materiale e il ricircolo continuo, fin quando non viene raggiunta la dimensione necessaria per continuare il regolare percorso nell’impianto. A questo punto, il materiale viene caricato su altri due mulini, dove avviene una frantumazione più precisa che permette di ridurre ulteriormente il volume del materiale, fino a raggiungere la dimensione desiderata. Il materiale viene infine ulteriormente processato, separando l’alluminio dalla plastica ancora presente sfruttando il diverso peso specifico: il materiale più leggero, la plastica, si muove verso il basso, mentre quello più pesante, l’alluminio, risale la tavola. Il granulato di alluminio è ora un “prodotto finito” e, attraverso una coclea, viene confezionato in grandi sacchi che saranno inviati agli impianti a cui è destinato.Piemonte
PATCH – PArco Tessile CHierese
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Un’area verde urbana al posto di nuovo cemento. A Chieri, comune della città metropolitana di Torino, è stato realizzato un parco pubblico riqualificando l’area dell’ex scuola elementare e media “Angelo Mosso” di via Tana, un edificio abbandonato oramai da oltre quindici anni. Con la creazione del PATCH – Parco Tessile Chierese, alla fine del periodo di collaudo, si otterrà un’integrazione di circa 6000 mq della limitrofa area verde, ottenendo un parco di circa 11000 mq lungo il torrente Tepice, nel centro della città e a pochi passi da un'altra zona verde, il Parco Tepice del Pellegrino.Fino a non molto tempo fa il Piano Regolatore prevedeva per questa zona la trasformazione in area residenziale, con la costruzione di circa 40 alloggi, oltre a nuovi uffici e negozi. Ma l’amministrazione ha invece deciso non solo di riassegnare la zona a una destinazione pubblica, ma anche di farne un nuovo tassello della presenza della natura in città. Un cambiamento che si traduce in riduzione di consumo di suolo, aumento della sua permeabilità e, quindi, maggiore resilienza del territorio comunale.Questa scelta è stata fatta considerando anche la collocazione dell’area. Cerniera tra centro storico e sviluppo novecentesco, si trova a ridosso di un importante corso d'acqua, in connessione con altre aree verdi e ha quindi una funzione di potenziamento della rete ecologica locale. Lo stesso nome del parco PATCH, ovvero ‘pezza’ in inglese, rimanda al fatto che costituirà un rammendo e una continuità di una zona verde urbana, ma anche alla tradizione tessile chierese. Dalla fine del Settecento in poi, infatti, il tessile ha costituito per Chieri fonte di prosperità e lo ha reso uno dei distretti industriali del Centro-Nord Italia.Il progetto è stato redatto da un’architetta paesaggista chierese, Cristina Cassavia, e dall'architetto Marco Maccagno. Il nuovo piano riconsegnerà ai cittadini spazi per la socialità, il gioco e lo sport, con un nuovo campo da basket, favorendo allo stesso tempo la qualità del paesaggio. Nel parco sono state messe a dimora 50 specie arboree, 131 specie arbustive e 205 mq di specie erbacee perenni, privilegiando specie autoctone e con fabbisogno d’acqua contenuto. In questi anni di temperature record e prolungati periodi di siccità estrema, è una soluzione che unisce conservazione della biodiversità e mitigazione della crisi climatica. È previsto anche un polo per l’educazione ambientale, un “Eco-Point”, luogo di aggregazione vicino al centro giovanile Arca per incontrarsi e proporre nuove idee sulla sensibilizzazione ambientale.Per questo piano di riqualificazione urbana è stato previsto un investimento da 850mila euro: 530mila messi dal Comune di Chieri, e 320mila dalla Fondazione Compagnia di San Paolo. Nel 2020 infatti il progetto del PATCH si è aggiudicato il bando “Restauro Ambientale Sostenibile”, dedicato a soluzioni che coniughino il recupero e la restituzione di un bene comune con la protezione e la valorizzazione del patrimonio naturale.Con il Comune di Chieri hanno collaborato anche l’Università e il Politecnico di Torino, Legambiente Piemonte e Valle d’Aosta, e altre associazioni locali. Nell’ambito del progetto del PATCH, Legambiente Piemonte e Valle d’Aosta ha realizzato due percorsi formativi di educazione ambientale: uno dedicato ai docenti dell’Istituto Comprensivo di Chieri I e l’altro dedicato agli studenti delle classi elementari e medie sui temi del cambiamento climatico, tutela della biodiversità, qualità dell’aria, mobilità sostenibile e verde urbano. Leggi il comunicato stampa
Toscana
Rassegna degustazione nazionale dei vini da agricoltura biologica e biodinamica
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La transizione ecologica passa anche dal settore agricolo, e in un Paese come l’Italia, anche dal settore vitivinicolo. Fare agricoltura biologica è la strada da intraprendere per favorire la sostenibilità ecologica di tutta la filiera, dal produttore al consumatore. E se il mercato apprezza sempre di più le produzioni biologiche e sostenibili è anche grazie a esperienze virtuose come quella della Rassegna degustazione nazionale di vini biologici e biodinamici di Legambiente che da 31 anni anima il cuore della Maremma.La manifestazione, tra le più longeve di questo settore in Italia prende vita a Rispescia in provincia di Grosseto. Qui ogni anno una commissione formata da tecnici ed esperti degustatori, tramite degustazione cieca, seleziona i vini vincitori e ai loro produttori viene consegnata una targa in premio durante la serata di degustazione organizzata da Legambiente nella storica sede di Festambiente a Rispescia. La rassegna degustazione, tra le altre cose, è stata protagonista di Expo 2015 di Milano in cui si è tenuta la cerimonia di premiazione dei vini selezionati di quella edizione.L’idea di creare la rassegna è nata nel 1990 e si deve a Giancarlo Scalabrelli, professore ordinario di Viticoltura della facoltà di Agraria dell’Università di Pisa, scomparso nel 2020. L’obiettivo è da sempre quello di accendere i riflettori sulle realtà vitivinicole bio, con la consapevolezza che serve un sostegno concreto alle attività produttive per raggiungere gli obiettivi stabiliti dall’Ue con le strategie “Farm to fork” e “Biodiversità 2030”, ovvero l’incremento delle superfici agricole dedicate al biologico.La scelta vincente della manifestazione si è rivelata quella di unire associazionismo, ambientalismo, mondo dell'università e della ricerca per valorizzare questa tipologia di vini e dimostrare che un’agricoltura bio e di qualità che mette da parte la corsa alla massima resa in nome della sostenibilità per l’ecosistema è una realtà possibile. La rassegna viene organizzata, infatti, in collaborazione con il dipartimento di Scienze agrarie, alimentari e agro-ambientali e il corso di laurea in Viticoltura ed Enologia dell’Università di Pisa.Nei primi anni la rassegna ha registrato la partecipazione di vini ancora da affinare, ma con il tempo la qualità e la quantità delle produzioni sono cresciute in maniera esponenziale, trasformando questa tipologia in una delle fette di mercato più promettenti. Basti pensare che in Italia nel 2021 il numero complessivo di cantine coinvolte nella produzione di vino biologico ha raggiunto quota 2.139 (fonte Nomisma). E che sempre nel nostro Paese si contano circa 126mila ettari di vigneto biologico, con un’incidenza sulla superficie vitata complessiva del nostro Paese di circa il 19%, la più alta in Europa e nel mondo.
Veneto
Impianto di produzione di biometano da scarti zootecnici con gestione consortile degli agricoltori
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Nel Vicentino, il più grande impianto di biometano del suo genere d’Europa è anche un modello virtuoso di economia circolare e di gestione delle risorse.L’impianto di Schiavon, promosso da Iniziative Biometano (Gruppo FemoGas), è gestito da due società operative, Motta Energia e EBS – Etra Biogas Schiavon, di cui sono socie 117 aziende agricole attive nel territorio del Brenta, principalmente nei comuni di Schiavon, Pozzoleone, Bressanvido, e Sandrigo.La compartecipazione è il suo elemento distintivo. Sono gli allevatori che alimentano quotidianamente l’impianto con 360 tonnellate di letame, liquami bovini e pollina (gli escrementi dei polli), ricevendo in cambio fertilizzante organico naturale per i loro terreni.L’impianto, costruito dal Gruppo AB di Brescia e da Ies Biogas (Gruppo Snam), produce biogas attraverso il processo di digestione anaerobica, che si compie in assenza di ossigeno alla temperatura costante di 42 gradi. Una piccola parte di questo biogas viene trasformata, attraverso un cogeneratore, in energia elettrica che alimenta l’impianto stesso, senza quindi necessità di prelevarla dalla rete.Il resto del biogas viene opportunamente filtrato per levare le impurità ed entra nella fase di upgrading dove le molecole di metano vengono separate da quelle di anidride carbonica. Il metano, in tutto e per tutto simile a quello che scorre nei gasdotti, viene raffreddato mediante elio per diventare biometano, il carburante utilizzato da autobus e camion. Ogni anno l’impianto produce 7 mila tonnellate di biometano, quantità sufficiente a soddisfare il fabbisogno annuale di 200 automezzi pesanti che percorrono 100.000 chilometri ciascuno. La componente gassosa, ovvero l’anidride carbonica, viene recuperata e ceduta alle industrie che se ne servono. Il settore alimentare, per esempio, la impiega nelle bibite gassate.Oltre al biometano, l’impianto produce il digestato. Questo compost è utilizzato, nella sua frazione liquida azotata, per concimare i campi delle stesse aziende socie, e nella frazione solida per la concimazione di precisione in viticoltura, in floricoltura e in orticoltura. Il digestato viene dunque restituito alla campagna in alternativa ai concimi chimici, contrastando la desertificazione dei suoli e contribuendo a preservare la purezza della falda acquifera. Da Schiavon ne escono 250 mila tonnellate l’anno e a beneficiarne sono circa 10 mila ettari di campagna.Per questi motivi l’impianto di Schiavon è considerato un modello non solo di transizione ecologica verso le energie rinnovabili, ma anche di agroecologia.Foto e video di David Fricano / ephoto Leggi il comunicato stampa
Sicilia
3SUN Gigafactory, Impianto di produzione di pannelli fotovoltaici
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La 3SUN Gigafactory di Enel Green Power diventerà la più grande fabbrica europea per la produzione di pannelli fotovoltaici di nuova generazione.Nata a Catania nel 2010, con il progetto TANGO (iTaliAN pv Giga factOry) di ampliamento dell’impianto, la “fabbrica del sole” aumenterà la sua capacità di produzione di 15 volte, passando dagli attuali 200 MW fino a 3 GW all’anno. Un'iniziativa che nell’ambito della transizione energetica verso le fonti rinnovabili è importante per la sicurezza e l’indipendenza energetica del nostro Paese.L’investimento è stimato in un importo di circa 600 milioni di euro e il progetto è rientrato tra le iniziative selezionate dalla Commissione UE nell’ambito del primo bando dell’Innovation Fund, aggiudicandosi il finanziamento per un importo massimo di 118 milioni di euro.L’estensione della fabbrica porterà benefici anche a livello occupazionale. Le nuove assunzioni andranno ad accrescere la squadra di 3Sun che a oggi conta oltre 200 persone, per arrivare a un totale di circa 900. Oltre a far crescere l’occupazione diretta, la Gigafactory porterà anche a raggiungere complessivamente circa 1000 posti di lavoro indiretti.I lavori del cantiere sono iniziati ad aprile 2022 e la piena capacità operativa della fabbrica è prevista durante il 2024. Grazie a cinque nuove linee produttive lo stabilimento assemblerà moduli fotovoltaici sia per i grandi impianti di produzione fotovoltaica, sia per l’istallazione sui tetti degli edifici.L’impianto produce in serie pannelli bifacciali a “eterogiunzione (HJT)” di silicio già dal 2019. Una tecnologia che permette di realizzare moduli ad elevate prestazioni e più resistenti, con un ciclo di vita superiore a 30 anni. Viene considerata fra le più efficienti sia dal punto di vista dei consumi necessari per la fabbricazione sia da quello del rendimento dei pannelli. La “bifaccialità” permette infatti di catturare la radiazione solare anche dalla superficie posteriore ottenendo prestazioni più elevate e una maggiore produzione di energia, fino al 20% in più rispetto ai moduli tradizionali. La ricerca continua ha portato 3SUN nel 2010 a battere il record mondiale di efficienza di conversione per celle commerciali, raggiungendo il 24,63%.A partire dalla fine del 2025, inoltre, la 3SUN realizzerà dei nuovi moduli fotovoltaici con una tecnologia innovativa denominata “Tandem”. Due celle, una di silicio e una di perovskite, lavorano in sinergia per catturare una parte più ampia dello spettro solare che comprende le lunghezze d’onda del rosso e del blu, raggiungendo efficienze superiori al 30%.Il progresso tecnologico è uno dei punti di forza del polo industriale italiano, che a Catania ha istituito anche un Innovation Lab specializzato nel settore delle energie rinnovabili.Alla 3SUN Gigafactory l’innovazione s’intreccerà con la sostenibilità e la circolarità. 3SUN vorrebbe arrivare infatti a produrre pannelli che a fine vita possano essere riciclati dalla fabbrica stessa. Una delle idee è la sostituzione del rame al posto dell’argento, l’uso della plastica al posto del vetro, per poter usare il più possibile materiali riciclati e riciclabili e supportare così l’economia circolare.La sfida è anche quella di contribuire a rafforzare la filiera europea del fotovoltaico, cercando di costruire una supply chain con materiali che arrivino dall’Europa. Nell’attesa di ricondurre in Europa la catena di fornitura del pannello fotovoltaico, 3SUN sta coinvolgendo i fornitori per garantire la trasparenza della supply chain e, per alcuni materiali, perfino la loro tracciabilità. Inoltre, l’azienda inserisce nei contratti di acquisto delle materie prime chiari requisiti di sostenibilità che permettano di prevenire, monitorare e ridurre gli impatti ambientali e sociali dei prodotti acquistati e in questo modo opera con approccio ecosistemico, collaborando con tutti i fornitori in un percorso comune verso la sostenibilità e circolarità del pannello.Un’altra iniziativa in favore della sostenibilità è la realizzazione di uno studio di Valutazione del Ciclo di Vita del pannello, prodotto nella Gigafactory per poterne valutare l’impatto ambientale e, tra i vari indicatori ambientali, l’impronta carbonica “end to end”. Lo studio sarà aggiornato nel corso dei prossimi mesi con dati primari provenienti dai fornitori e dal pieno funzionamento della fabbrica allo scopo di ottenere la certificazione EPD (Dichiarazione Ambientale di Prodotto) del pannello.Anche il processo di costruzione della Gigafactory è stato impostato su principi di sostenibilità, applicando il modello di cantiere sostenibile, pilastro della catena del valore sostenibile del Gruppo Enel. In questo modo, sono state implementate misure per la riduzione del consumo d’acqua, applicati criteri di risparmio energetico, utilizzati materiali riciclati (come ferro, cemento e plastica) e scelti altri a ridotto impatto ambientale.
L'Innovation Hub&Lab
L’Innovation Hub&Lab di Catania è uno dei più grandi e avanzati distretti industriali su tecnologie rinnovabili in Europa, nonché un luogo di incontro delle eccellenze nel campo dell’innovazione. Inaugurato nel 2015, l’Hub&Lab rappresenta un ecosistema innovativo aperto a start-ups, università ed imprese e nasce con l’obiettivo di dare forma a nuove soluzioni nelle quali si realizzi il connubio tra le tecnologie delle rinnovabili e le potenzialità offerte da Big Data, Internet delle cose, Intelligenza Artificiale e Realtà aumentata.Il lab si estende su 10 ettari di campus sperimentale con 3.000 metri quadri di laboratori indoor. Dispone infatti di infrastrutture che consentono di sperimentare soluzioni innovative principalmente nell’ambito delle tecnologie solari e dell’energy storage. All’interno del Lab in maniera strategica è situato anche l’Hub che si occupa dello scouting a livello globale di soluzioni innovative in ambito energetico che in parte vengono poi testate grazie alle infrastrutture dell’Innovation Lab.I principali progetti e attività in corso sono:- Valutazione di tecnologie fotovoltaiche di ultima generazione (pannelli fotovoltaici, tracker, inverter). Le soluzioni vengono valutate e comparate per verificare le migliori soluzioni anche in abbinamento fra loro nell’ottica di massimizzare la producibilità energetica
- Soluzioni per la rilevazione preventiva di malfunzionamenti degli impianti PV attraverso l'analisi di immagini termiche, l’analisi di misure in outdoor e la loro comparazione
- Soluzione automatizzata per il monitoraggio degli impianti fotovoltaici
- Robot per la pulizia degli impianti fotovoltaici in maniera del tutto sostenibile, senza utilizzo di acqua
- Impianti fotovoltaici galleggianti e varie soluzioni di montaggio
- Supporto allo sviluppo dei moduli 3SUN
- Supporto a sperimentazioni su tecnologie innovative e prodotti ENEL in generale